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Lectio divina della III Domenica del Tempo ordinario - Anno A

Inserita il: 23/01/2020

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Mt 4,12-23
“Venite dietro a me vi farò pescatori di uomini”

12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: 15«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! 16Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». 17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». 18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. 23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

CONTESTO E TESTO
In questa liturgia, in cui celebriamo la Domenica della Parola, istituita da papa Francesco con la lettera apostolica Aperuit illis, riprendiamo la lettura del Vangelo di Matteo. L’evangelista ci presenta Gesù nella Galilea delle genti, in cui nasce il nuovo popolo di Dio, un popolo che è chiamato a conversione, al cambiamento di mentalità: a passare dall’individualismo alla comunione. Seguire Gesù ci porta a superare la tentazione dell’individuo che si illude di bastare a se stesso. In Cristo diventiamo “persona”, cioè capaci di relazioni, creati ad immagine della Trinità Santa, fonte di ogni comunione nell’Amore. 
 
Matteo e Marco collegano questo inizio del ministero di Gesù all’imprigionamento di Giovanni Battista: nel momento in cui Giovanni è imprigionato, lo Spirito porta Gesù in Galilea. Giovanni termina ma inizia il nuovo annuncio del Cristo. Vi è uno stacco netto: Giovanni chiude la profezia e appare colui che è più di un profeta. Gesù stesso segna uno stacco da Nazareth e va a Cafarnao. La luce si manifesta nell’annuncio: “Convertitevi: il Regno di Dio è già qui”. Gesù comincia il suo peregrinare: si muove tra le genti e le sinagoghe degli ebrei. Ma prima chiama Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni a seguirlo. 

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
Giovanni è consegnato da Dio alla prigionia per la suprema testimonianza: dopo che si è udita la voce dal cielo tace la voce della profezia. Si fa un grande e inspiegabile silenzio. Gesù però non subentra al posto vuoto lasciato da Giovanni, ma al contrario si ritira nella Galilea, come farà anche alla notizia della sua morte, come è detto in 14,13: Avendo udito, Gesù si ritirò di là in barca verso un luogo deserto in disparte. È la linea della totale obbedienza al Padre.
 
Il giorno in cui il Cristo lasciava Nàzaret, in virtù della quale è chiamato il Nazareno, e si trasferisce a Cafarnao, presso il mare di Galilea, si compiono le Scritture profetiche. Tutto avviene sotto il segno del nascondimento, simile allo spostamento di Abramo da Ur dei Caldei, perché tutto è segnato dall’obbedienza. Zàbulon è terra di frontiera che fa da cerniera con le Genti. Qui va il Cristo.
 
Neftali è figlio di Bilha, serva di Rachele (cfr. Gn 30,8). Nella benedizione di Mosè così si dice: Neftali sazio di favori e pieno della benedizione del Signore; ha ereditato il mare e il mezzogiorno (Dt 33,23). Anche Neftali appare qui nell’abbondanza e nella prosperità. In questa condizione il testo lascia intravedere un certo indurimento del cuore, reso ancora più amaro dalle vicende storiche a cui si riferisce la profezia. Infatti dice Girolamo: «I primi ad ascoltare la predicazione del Signore furono quelli che abitavano là dove Israele fu fatto prigioniero dagli Assiri; qui nacque la predicazione del Redentore».
 
L’Evangelo cita in questo modo la profezia per elencare i vari territori del nord della terra santa. Oltre la terra di Zàbulon e di Nèftali ricorda la strada del mare, celebre pista commerciale che unisce l’oriente con il mare Mediterraneo. È strada quindi di scambi non solo commerciali ma anche culturali e religiosi; oltre il Giordano è l’antico territorio di prima conquista con Mosè; è un territorio percorso da Gesù. Galilea delle genti, così chiamata per la forte presenza delle popolazioni pagane, cosiddette dei gentili. 
 
Il Cristo non sta là dove brilla la luce della Legge, dove i pii d’Israele amano abitare, ma viene in questi territori segnati dal benessere, da un’intensa attività commerciale, da un facile scambio con i pagani e proprio là dove più intense sono le tenebre inizia a risplendere la luce.
 
Questa regione è chiamata ombra di morte perché sotto il benessere e l’intensa attività commerciale si nasconde la morte. Nessuna luce più risplende né quella della mente e neppure quella della Legge. Il popolo siede nella tenebra, privo di forza interiore anche se ne dimostra tanta esteriormente. Ed ecco all’improvviso risplende la luce e questa luce è l’Evangelo, che il Signore proclama. È sorto il sole e le tenebre lottano, simili a nubi, per soffocarlo, ma nessuno può mettere la luce sotto il moggio.
 
Convertitevi è la stessa parola annunciata da Giovanni (3,2). Questi la grida nel deserto della Giudea, Gesù la grida al nord, in mezzo al popolo che siede nelle tenebre. Convertirsi è vedere la grande Luce: il Cristo! La luce risplende, il regno si è avvicinato, convertirsi è volgersi verso la grande luce. Sarà compito del Messia ridare la vista ai ciechi cioè compiere le opere di risanamento: se la luce risplende è necessario avere occhi per vederla. La conversione è l’apertura graduale dei nostri sensi interiori per vedere il Regno dei cieli, per vedere Gesù, il Dio nascosto.
 
Camminando (alla lettera: passeggiando) come all’inizio nel giardino di Eden (cfr. Gn 3,8-10) Dio è alla ricerca dell’uomo, che si è nascosto e che fatica nel suo duro lavoro al quale è stato costretto per la maledizione della terra, che produce triboli e spine. Cristo vide due fratelli ed essi si sentirono visti. È reciproco. Lo sguardo di Gesù penetra nell’intimo dei discepoli ed essi si sentono conosciuti dal suo sguardo. Egli li vede benché ancora sia mattino presto, mentre stanno gettando la rete in mare: il primo è Simone chiamato Pietro. L’Evangelo unisce al nome dato dal padre terreno quello nuovo dato da Gesù. Infatti è in questo momento che Simone diventa Pietro come sottolinea il Vangelo di Giovanni: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, tu sarai chiamato Kefas (che significa Pietro)» (Gv 1,42). Questo sguardo di Gesù è creativo e il rapporto con Lui conferisce a Pietro il suo nome, quello che ne definisce la missione, come dirà in seguito l’Evangelo (Gv 16,18). 
 
E Gesù poi vede Andrea, suo fratello. È di nuovo nominato accanto a Pietro nell’elenco degli apostoli (Gv 10,2). Chi fornisce più particolari su Andrea è l’evangelista Giovanni. Spesso è assieme a Filippo, che nell’elenco apostolico di Mc 3,18 e At 1,13 è nominato subito dopo Andrea. Sono assieme alla moltiplicazione dei pani, Filippo fa un calcolo e Andrea indica il ragazzo con i pani e i pesci (Gv 6,9). Sono di nuovo insieme nell’ingresso di Gesù in Gerusalemme per presentargli gli ellenisti (Gv 12,22). 
 
Vi è un invito e una promessa. È l’obbedienza della fede, che ha caratterizzato Abramo. Ora Gesù comanda loro di seguirlo e in seguito li farà pescatori di uomini. La sua parola, accolta nella fede, fa essere le cose che non sono, come dice l’Apostolo di Abramo che “credette in Dio, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non sono” (Rm 4,18). 
 
La missione, che Gesù conferisce loro, pescatori di uomini, è simile a quella del gettare la rete in mare e di raccogliere con essa ogni genere di pesci, come è detto in Mt 13,47. Questa azione, che già appartiene al Regno, è antecedente a quella del giudizio compiuta dagli angeli che, simili a pescatori seduti sulla spiaggia, separano i malvagi dai giusti (cfr. 13,49). Si può dire che la Parola di Dio, simile a rete, pesca tutti ma non tutti accettano di essere giustificati dalla fede. Essendo universale, l’Evangelo risuona fino alle estremità della terra, ma non tutti l’accolgono. La missione apostolica è di trarre nella rete evangelica del Regno ogni sorta di pesci e di tenere assieme fino alla fine del mondo malvagi e giusti; solo allora quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con i suoi angeli (cfr. 25,31) questi separeranno i malvagi di mezzo ai giusti.
 
Subito è il sì della fede che non permette esitazioni o dubbi. Abbandonate le reti, fonte della loro sussistenza, si rendono poveri con colui che da ricco che era si fece povero per arricchirci con la sua povertà (2Cor 8,9). Entrano nella sua povertà e piccolezza e nel suo annientamento. Lo seguirono, divennero suoi discepoli disposti a condividere la sua vita.
 
La pesca è terminata. Le barche sono rientrate e si compiono le ultime operazioni per la pesca successiva. In questo momento, mentre sono con il padre Zebedeo, Gesù li chiama Giacomo e Giovanni, e rompe così il rapporto secondo la carne: «Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me» (Mt. 10,37). Li chiama per nome perché siano suoi. Come chiamò Mosè dal Roveto così ora Egli chiama con la sua umanità: è sempre la stessa voce inconfondibile ma ora nel timbro umano della sua carne. È la voce che ha chiamato Abramo, Mosè, i Profeti, è la voce del Pastore conosciuta dalle sue pecore, come Egli stesso dice: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono» (Gv 10,27). È la voce del Dio nascosto nell’umanità di Gesù, ma che sempre si rivela a chi crede.
 
Con la stessa espressione del v. 20 si sottolinea la prontezza della sequela di Giacomo e Giovanni: cambia il termine di ciò che si abbandona, là le reti qui la barca e il padre, vi è una progressione nell’intensità. Così è la sequela: il distacco diviene progressivamente più profondo e totale, tocca le radici della nostra esistenza. Con Gesù non c’è possibilità di fare calcoli: lo svuotamento è totale e deve passare dalla Croce prima di diventare pienezza ed ebbrezza.
 
Obbedendo alla parola profetica riguardante la Galilea delle Genti, Gesù gira in tutto il territorio, non esclude nessuno; tutti ascoltano la sua Parola. È il pastore che raduna il gregge disperso. Dalle sinagoghe, dove insegna, Gesù passa a predicare l’Evangelo del Regno. L’Evangelo contiene in sé il Regno e lo comunica. Non vi è nulla che possa resistere alla forza dell’Evangelo perché questi guarisce dalla malattia che causa la morte, cioè il peccato. Mentre la Legge rivela il peccato ma non sana, l’Evangelo risana nell’intimo togliendo il peccato. Le guarigioni, che il Signore compie, sono testimonianza di questa interiore guarigione come altrove dice. Vedi il paralitico guarito in Mt 9,4-7. 
 
Egli cura ogni malattia e ogni infermità che trova nel popolo come insegna Pietro negli Atti: «Egli passò facendo del bene e sanando tutti coloro che erano oppressi dal diavolo» (10,38). La guarigione segna quindi la rottura di questo dominio opprimente del diavolo e spezza il suo potere che conduce alla morte.

IN ASCOLTO DEI PADRI NELLA FEDE
“Il Signore Gesù ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, sicché, volendo adunare la sua Chiesa da ogni parte del mondo, non cominciò con degli imperatori o senatori ma con dei pescatori. Se infatti fossero stati scelti in principio personaggi altolocati, essi avrebbero attribuito la loro scelta a se stessi e non alla grazia di Dio. Questo modo di procedere di Dio, a noi occulto, questa disposizione del nostro Salvatore ce la espone l’Apostolo quando dice: Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Sono parole dell’Apostolo. Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose ignobili e spregevoli del mondo ha scelto Dio, e le cose che non hanno consistenza - come se la avessero - per annichilire le cose dotate di consistenza; affinché nessun uomo possa vantarsi dinanzi a lui. La stessa cosa aveva detto il profeta: Ogni valle sarà colmata, e ogni monte e ogni colle sarà abbassato, perché si ottenga una pianura senza dislivelli. Veramente, oggi partecipano della grazia del Signore senza distinzione nobili e plebei, dotti e ignoranti, poveri e ricchi. Quando si tratta di ricevere questa grazia non avanza diritti di precedenza la superbia rispetto all’umiltà di chi nulla sa e nulla possiede e nulla può. Ma cosa disse loro? Venite dietro a me e io vi farò pescatori di uomini. Se non ci avessero preceduto quei pescatori, chi sarebbe venuto a pescarci? Al giorno d’oggi uno è gran predicatore se riesce a presentare bene quello che ha scritto il pescatore”. 
(S. Agostino, Discorso 250)
 

 




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