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Lectio divina – XI Domenica del Tempo ordinario – Anno B

Inserita il: 11/06/2021

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Mc 4,26-34
“Il più piccolo di tutti i semi diventa il più grande”

Diceva: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.  Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra». Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.

CONTESTO E TESTO
La liturgia della Parola di questa domenica si può riassumere nell’immagine del seme, che Gesù presenta nel Vangelo. Dio opera nella storia in modo costruttivo insieme all’uomo e tale azione è come la semina di un seme che contiene l’energia generativa per germogliare, crescere e portare frutto. Infatti la struttura stessa del seme ci suggerisce di non perdere mai la fiducia, perché certamente porterà frutto. Nel tempo di pandemia che stiamo vivendo è facile scoraggiarsi, guardare al presente e al futuro con paura e insicurezza. Sono minacciate le fondamenta stesse della fiducia in Dio, in noi stessi e nel prossimo, ma la Parola di Dio ci illumina e rassicura perché quel piccolo seme ha tanta energia capace di fare di lui addirittura un grande albero: così è la nostra fede.
 
Nel cap. 4 di Marco, troviamo Gesù che si rivolge a noi con due parabole sul seme: dicendo che la Parola, il seme a noi donato, cresce e si sviluppa spontaneamente, senza l’ausilio umano. Ed anche ci parla del granello di senape, che è il più piccolo di tutti i semi, ma diventa una grande pianta, quasi una casa per le creature del cielo. E’ un appello alla fiducia che richiede pazienza. 

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
Le due parabole che Gesù racconta hanno in comune la forza intrinseca del Regno. Esso non ha bisogno dell’opera esterna perché è dalla sua interiore forza che cresce. L’uomo che getta il seme è chi annuncia la Parola di Dio, e in prima istanza è Gesù stesso. Coloro che Egli manda ad annunciare lo fanno in nome suo ed è Lui che in loro annuncia. Infatti Cristo è sempre presente quando si annuncia la sua Parola.
 
Ma seminatori siamo anche noi suoi discepoli. Una volta compiuta la semina, le azioni del seminatore e quelle del seme si separano. Chi semina sa che il seme cresce anche se non ne conosce il come. Egli non può avanzare nella sua indagine per voler conoscere in che modo la Parola, una volta annunciata, operi nell’intimo di coloro che ascoltano. Ad ognuno di noi sfugge sia la natura della Parola che la coscienza recettiva dell’uomo. Noi stessi non sappiamo come cresca in noi. La fase intermedia è quella in cui tutto sembra immutato. 
In realtà dopo la gestazione nella terra, appaiono le varie fasi della crescita. Allo stesso modo la Parola, nel cuore di chi l’ascolta con retta intenzione, appare nelle sue varie fasi fino alla maturità. Il Regno e la Parola sono intrinsecamente uniti. La crescita e maturazione della Parola corrispondono alla crescita e maturazione del Regno. Chi conosce le varie fasi si prepara poi per la mietitura. 
 
Al comando del Signore, padrone del campo, subito egli manda la falce. cfr. Gio 4,13: Date mano alla falce, perché la messe è matura. Ap 14,15: Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: «Getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura». Tutto giunge a maturazione: sia il Regno presente tra i popoli, sia le vicende umane, la cui chiave di lettura è data dal Regno nell’annuncio della Parola. 
 
Gesù continua la sua provocazione: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Al Regno È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
 
Gesù parte ponendosi una domanda: Come potremo trovare qualcosa di simile al regno di Dio o in quale parabola potremo collocarlo? Sembra quasi dire che nella realtà creata non c’è nulla che possa assomigliare al Regno di Dio, e anche se noi volessimo parlare per enigmi e usare il linguaggio sapienziale delle parabole, noi non possiamo trovare tra i saggi della terra nulla che ne possa descrivere il mistero. Di fronte a questa impossibilità così radicale d’immettere il regno di Dio entro le categorie umane, vi è in natura una pianta, che ne può esprimere la dinamica di crescita: il granello di senapa. 
 
Nel momento della semina esso è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra. Perché il Signore fa questa constatazione? Perché esprime il suo annientamento nell’Incarnazione. Svuotando se stesso, Gesù fu fatto di poco inferiore agli angeli, ma lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti (Ebr 2,9). Per questo tutte le genti accorrono a Lui e si riposano tra i suoi rami, come c’insegna Ezechiele. 
 
Gesù parla alla folla in parabole, secondo la loro capacità di comprensione. Egli colloca la Parola sotto il velo della parabola perché la mente dell’uomo non s’impossessi del Regno con un malinteso. Se infatti la parola del Regno fosse chiara e traducibile nelle nostre categorie umane o avesse qualche aggancio con la nostra situazione terrena, noi ce ne vorremmo impadronire per il vantaggio che ci arreca, come ad esempio per la salute, per la ricchezza e il benessere nell’ambito esterno. In questo modo non comprenderemmo la natura del Regno e non ci relazioneremmo con Dio se non per cercare un nostro vantaggio immediato e non per metterci a disposizione di Dio. 
 
La parabola è un velo, che lascia trasparire il mistero, per cui chi ascolta se vuole comprendere la parabola deve andare oltre il velo. Deve cioè entrare nella casa del Signore, dopo che si è fatto discepolo, ed ascoltare le sue spiegazioni. Nella casa di Gesù può entrare solo chi è suo. Casa del Signore è la sua Chiesa: chi entra in essa con il desiderio di ascoltare il Signore e di esser nutrito dalla sua Parola, non resta deluso perché il Signore illumina la sua mente e infiamma il suo cuore. 
 
Tuttavia non tutti amano entrare nella casa del Signore perché preferiscono il linguaggio delle parabole alla loro spiegazione. Si accontentano della bellezza delle parabole e al massimo dedurne qualche insegnamento etico utile per la vita presente, come l’amore per il prossimo. È infatti facile sostituire se stessi a Gesù e fare di noi il centro della nostra stessa fede, tirare Gesù dalla propria parte e mettere in bocca a Lui le parole che ci piace ascoltare. 
 
In questa domenica chiediamo la grazia di saper ascoltare la Parola con umiltà e di accogliere con gioia il mistero del Regno di Dio che Gesù ci illustra. E’ Lui, il nostro Maestro e Pastore, nostro Salvatore e Redentore, che per noi si fa piccolo come un seme e ha fiducia che noi lo faremo fruttificare nel nostro cuore e nella missione che ci affida.

 




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