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Lectio divina – V Domenica di Pasqua – Anno B

Inserita il: 30/04/2021

1 commentario(i) ...

 
 
 
 
 
 

Gv 15,1-8
“Io sono la vite e voi i tralci”

«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

CONTESTO E TESTO
Nella quinta domenica di Pasqua la Parola di Dio ci presenta ancora il mistero di Cristo Risorto, la bellezza del Suo Corpo glorioso che è la Chiesa, la comunità dei battezzati che, risorti a vita nuova con il Battesimo, sono l’umanità nuova e ricevono Vita nuova perché sono uniti a Cristo Signore, come i tralci sono uniti alla Vite. 
 
Nel vangelo troviamo la splendida similitudine che descrive la nostra relazione con Gesù: la Vite e i tralci. Noi siamo come tralci che, quando sono uniti alla Vite, diventiamo fecondi. Portare frutto significa prendersi cura della salvezza degli altri, perché il frutto della Vite, Gesù, sono le persone salvate. Portare più frutto è riferito alla salvezza del mondo perché siamo inseriti nella salvezza operata da Cristo, l’unico mediatore. Questo frutto si porta essendo purificati dalle nostre colpe e pregando con perseveranza: il vertice è la preghiera. Il Padre ci purifica facendoci rimanere in Gesù e pregando, perché è nel chiedere che si ottiene il frutto.
 
I rami che si seccano vengono tagliati e gli altri vengono potati. Le potature che noi abbiamo subito le ha già subite in anticipo il Cristo. Noi siamo in Lui per la sua Parola. C’è il fatto dell’innesto e l’economia del Padre che distribuisce a ciascuno i suoi doni: c’è la Parola che ci è stata donata ed è solo in questa Parola che noi possiamo osservare i comandamenti. L’esperienza dello Spirito che testimonia la nostra incorporazione a Cristo avviene ogni volta che viviamo la bellezza del nostro battesimo e ne facciamo memoria.

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
L’affermazione di Gesù, Io sono la vite vera, richiama il testo greco di Ger 2,21: Io ti piantai come vite fruttifera, tutta vera; come hai potuto cambiarti in amara, o vite straniera? Israele fu piantata da Dio come vite tutta vera, ma poi si è guastata. Gesù invece rimane fedele. Egli non solo è piantato dal Padre ma è da Lui generato, per questo può dire: Io sono. Egli è la vite vera, increata, Israele invece lo è per partecipazione, tanto è vero che purtroppo è diventata vite straniera. 
 
Gesù non potrà mai diventare tale essendo per natura la vite vera. In Lui, la Sapienza del Padre, si ricapitolano tutte le bellezze della terra, come è detto nel Siracide: Io sono come vite che ha fatto sbocciare grazia e i miei fiori sono frutto di gloria e di ricchezza (24,17). Il Padre è l’agricoltore di questa vite vera. Tutte le attenzioni del Padre sono per questa vigna, che è unica: Egli la lavora personalmente, non per interposta persona. Riguardo a Israele Egli aveva affidato la vigna a dei vignaioli, ora invece è Lui stesso a curarla direttamente. Il suo sguardo e le sue cure sono continuamene su di lei (cfr. Dt 11,12). L’azione diretta del Padre si manifesta attraverso il dono dello Spirito Santo. Mentre in precedenza ancora lo Spirito non era conosciuto ora, in virtù del Cristo glorificato, è presente e opera. Le sue operazioni sono le stesse del Padre. 
 
L’attenzione poi si sposta sui tralci. Ci si chiede come in questa Vite, che è vera, ci possano essere dei tralci che non sempre portano frutto. Se il tralcio deriva dalla vite come mai può non portare frutto? Succede, come è accaduto a Giuda, perché anche tra coloro che sono vicini a Gesù, vi sono di quelli che in realtà non gli appartengono, perché non sono liberi da se stessi; in costoro la vite non può portare nessun frutto. Il Padre perciò li recide. Essere recisi significa un progressivo morire nello spirito. Solo il Padre compie questa operazione; nessun uomo può compierla. Infatti dai frutti si riconosce chi è unito alla vite e chi ne è reciso. 
 
Il Padre pota (alla lettera: purifica) il tralcio che porta frutto perché porti più frutto. Il Padre si prende direttamente cura dei discepoli che sono uniti a Gesù e li purifica da tutto ciò che in loro non porta frutto, perché tutte le loro energie siano finalizzate al portare molto frutto. Tutto quello che accade nei discepoli di Gesù, persino la morte, è finalizzato a portare molto frutto. È gloria dell’agricoltore che la vigna sia bella ed è singolare come la bellezza della vigna stia nei suoi frutti. Gesù si completa nei suoi. Nei discepoli quindi il frutto ha come origine il Cristo ed è opera del Padre. A noi quale ruolo rimane? Prima di tutto quello di accogliere queste operazioni della mano Paterna di Dio, che opera mediante lo Spirito Santo.
 
Senza la Vite, noi tralci non possiamo fare niente; il nesso d’inserzione nella vite si attua attraverso la Parola, come ci ricorda Paolo nella 1°lettera ai Tessalonicesi: “Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l’avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete (cfr. 1Ts 2,13). Perciò la Parola, che Gesù annuncia, ci purifica e c’innesta nella vite e in essa portiamo frutto.
 
Gesù continua ad ammaestrarci con la similitudine della vite e dei tralci, perché tra noi e Lui c’è un reciproco dimorare, come altrove ha già detto. In Gesù il dimorare in noi è per grazia, il nostro in Lui è per necessità. Per grazia ci ha reso suoi consanguinei e quindi uniti strettamente a Lui come Egli lo è a noi. In noi fluisce la sua stessa vita, che incessantemente ci strappa dalla morte e a Lui ritorna il nostro amore.
 
Ecco perché l’iniziale rapporto con Gesù, quello di essere suoi discepoli, è paragonabile a quello della vite e dei tralci. Il verbo rimanere indica il dimorare reciproco che è la condizione essenziale per portare molto frutto. Ma non si dà una possibilità intermedia, cioè portare solo un po’ di frutto; la contrapposizione è tra il molto frutto o il nulla. Come il molto frutto è solo di Gesù in noi, così l’essere nulla è il nostro proprio. È necessario pertanto riconoscere il nostro essere nulla e cogliere la necessità della fede come fondamento dell’agire di Gesù in noi. Dimorare per noi quindi equivale a credere, a fidarci di Lui, come per Gesù dimorare in noi equivale a portare molto frutto: la nostra salvezza.
 
Gesù poi presenta la sorte di colui che non vuole dimorare in Lui. Egli perde la sua vita e subisce la sorte degli empi. L’effetto del rimanere in Lui è quello di rimanere nella sua Parola. Già il Signore ha insegnato che dimorare nella sua Parola equivale ad essere suoi discepoli, conoscere la verità e diventare liberi (Gv 8,31-32). Effetto di questo è la preghiera. Le operazioni dello Spirito nel discepolo culminano nella richiesta di ciò che è impossibile; infatti con la preghiera si entra nello stesso rapporto di Gesù con il Padre. 
 
In realtà è Gesù stesso che prega nei suoi discepoli e li rende partecipi delle sue stesse richieste. Tutto è pertanto concatenato: quando una persona sente nascere nel cuore la preghiera, che si dilata secondo l’amore di Gesù, allora è segno che dimora in Lui, cioè dimora nelle sue Parole. Chi diventa discepolo di Gesù porta davvero molto frutto che consiste nel portare a Gesù molte altre persone affinché credano in Lui. Infatti la glorificazione del Padre consiste nella dilatazione della sua paternità a tutti i suoi figli, che in Gesù lo riconoscono come Padre. La gioia di essere suoi figli porta frutto e ci rende apostoli perché altri la condividano accogliendo in Gesù il Salvatore del mondo (4,42).

 




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maria hetzler

02/05/2021 | 15:36

"Todo lo que sucede para nosotros, incluso la muerte, tiene como objetivo dar mucho fruto." Gracias!!!

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