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Lectio divina – III Domenica di Pasqua – Anno B

Inserita il: 16/04/2021

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Lc 24,35-48
“Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture”

Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni.

CONTESTO E TESTO
Il testo del Vangelo di Luca, che ci presenta come i discepoli di Emmaus hanno raccontato il loro incontro con Gesù lungo la strada, ci aiuta a capire che anche noi, benché battezzati e consacrati con il crisma, sigillo dello Spirito Santo, e benché più volte ci siamo accostati alla mensa del suo Corpo e del suo Sangue, tuttavia non siamo ancora del tutto morti a ciò che è vecchio, per essere totalmente una nuova creatura. In questa situazione salgono dei ragionamenti nell’intimo nostro che si trasformano in dubbi e Gesù più che apparirci vivo e presente nella nostra vita e nell’umanità stessa, ci appare più come un fantasma, come uno senza contorni, sfumato nelle nebbie dei nostri pensieri e dei nostri discorsi. 
 
Cosa fa il Signore per farci uscire da questa situazione? Convocati insieme, innanzitutto ci dona la sua pace, Egli che è la nostra pace. Pace che ci risana da ciò che dentro ci divide (rancori, gelosie, inimicizie), pace che si comunica al fratello che spezza con noi lo stesso pane, pace che diventa azione costruttiva ovunque siamo. Donandoci la pace, Egli dissipa i ragionamenti che sono nel cuore e ci rende capaci di sperimentarlo nei segni sacramentali e di comprenderlo nella Parola che viene letta e proclamata. E ci rende suoi testimoni credibili presso i nostri fratelli.

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
L’incontro autentico con Cristo Risorto vince i nostri dubbi e le nostre paure: nella storia di ciascun discepolo di Cristo, di ciascuno di noi, c’è sempre all’origine l’incontro, nella fede, con il Signore Risorto e di questo incontro conserviamo una memoria incisiva: è quello che chiamiamo “l’esperienza di salvezza”. Questa presenza continua nell’Eucarestia, dove Parola e frazione del Pane sono l’incontro con il Signore risorto e quindi sono il luogo dove Egli apre le Scritture e si fa conoscere nel Pane spezzato.
 
I discepoli che avevano incontrato Cristo sulla via di Emmaus tornano dagli Undici e narrano pieni di gioia questi incontro. Le tenebre sono dissipate e la gioia pervade tutti i discepoli del Signore. Non ci sono più i discorsi tristi del mattino, ma il gioioso annuncio che rende presente il Signore. 
 
Mentre essi parlavano di queste cose, sebbene in modo ancora imperfetto, la luce della fede non ha ancora dissipato le tenebre del dubbio, Gesù in persona stette in mezzo a loro, non entra e si pone nel mezzo, ma sta in mezzo a loro. Questo suo modo di essere li sconcerta. E disse: «Pace a voi», questa è la pace, che non è come quella che dà il mondo (Gv 14,27), è frutto dello Spirito (Gal 5,22) e toglie i turbamenti e i ragionamenti dal cuore.
 
Sono sconvolti e pieni di paura, il terrore e la paura invadono i discepoli, ne sono penetrati come di fronte a un’apparizione ultraterrena, infatti credevano di vedere un fantasma. Essi provano quel terrore e spavento che è proprio, nell’A.T., di chi vede un’apparizione divina o un angelo. Dicono che è uno spirito perché non è mai successo che la carne entrasse nella sfera divina. Ma ora è proprio il Figlio fatto carne, che ha vinto la morte e si mostra con il suo corpo risorto, con la nostra carne glorificata.
 
Gesù dice ai discepoli: perché siete turbati? Parla come medico che guarisce le malattie del cuore, allontana prima la loro paura, poi aggiunge: e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Dissipa in loro quel tentativo di riportare la risurrezione ad un fenomeno solo dello spirito e che non riguarda la carne per la quale è scritto: anche la mia carne riposerà nella speranza (Sal 16,9). 
 
Ma Gesù insiste: guardate le mie mani e i miei piedi, dov’è il foro dei chiodi: sono proprio io, lo stesso che è stato crocifisso e messo nel sepolcro. Toccatemi e guardate. Gesù attraverso i sensi esterni dissipa le tenebre che avvolgono i sensi interiori: uno spirito non ha carne e ossa, così Adamo chiama la donna quando si sveglia (Gn 2,23) per cui l’uomo è colui che ha carne e ossa e in questo differisce dallo spirito, come vedete che ho io. Il Signore prende l’iniziativa di rivelarsi nella sua carne e con pazienza, pieno di amore, compie questi gesti per guarire la loro infermità. La sua carne infatti è farmaco di vita eterna.
 
Ma poiché per la gioia non credevano ancora, vi è la gioia di vedere il Signore e di toccarlo, ma credere è al di là della stessa esperienza di toccare la carne sua di Risorto, è attingere al Verbo della vita come dice l’Apostolo: ciò che era fin dal principio... ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (1Gv 1,1), ed erano pieni di stupore perché sempre più penetrati dal mistero che li risveglia dal sonno della morte. 
 
Gesù, per dissipare i loro dubbi chiede qualcosa da mangiare, in modo che nella concretezza del vissuto possano avere la prova che Gesù è risorto con il suo vero corpo. Poi disse loro: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi», quelle parole per cui è detto: essi non comprendevano questa parola (9,22); bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi e in tal modo cita tutta la Scrittura distinta nelle tre sezioni. Poiché tutto si è compiuto ora le Scritture non sono più oscure, il velo è tolto.
 
Ciò che precedentemente era loro nascosto perché non comprendessero (9,22) viene ora rivelato. Il medico celeste ha guarito i suoi discepoli per comunicare loro il dono che dissipa ogni incredulità: l’intelligenza delle Scritture. Con le parole che seguono dà loro la chiave che apre questa porta.
 
Nel suo Nome saranno predicati a tutti i popoli, perché ogni carne vedrà la salvezza di Dio (3,6), la conversione e il perdono dei peccati. I profeti avevano annunziato la conversione e profetizzato il tempo della remissione dei peccati. Anche Giovanni Battista predicava e amministrava il battesimo della conversione, annunciando Colui che ha il potere di rimettere i peccati. Solo dopo la Risurrezione la conversione ci introduce nella remissione dei peccati.
 
Questo annuncio parte da Gerusalemme. E questo è il contenuto della missione apostolica e della Chiesa. In questo modo Gesù raggiunge tutte le genti. Egli infatti è il Vivente che è sempre con i suoi.
 
E continua: di questo voi siete testimoni. I discepoli sono testimoni di questi avvenimenti riguardanti il Cristo come compimento delle Scritture e danno pure testimonianza che il Cristo risorto li ha guariti dalla loro incredulità e ha dato loro il potere di risanare tutti nell’annuncio della conversione e nella remissione dei peccati.
 
Non taceremo perché «il silenzio non edifica la Chiesa di Dio» (Origene), ma parleremo; come parleremo? Secondo la misura della fede che ci è data, come dice l’Apostolo: animati da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo (2Cor 4,13). 

 




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