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Lectio divina – III Domenica di Quaresima – Anno B

Inserita il: 05/03/2021

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Gv 2 13-25
“Egli palava del tempio del suo corpo”

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

CONTESTO E TESTO
Il tema delle letture che questa terza domenica di Quaresima offre alla nostra preghiera è il vero culto a Dio gradito. Nel Vangelo, Giovanni ci dice che il vero tempio è Cristo Gesù, il suo corpo offerto nel mistero della Pasqua. Discepoli sono coloro che ascoltano Gesù e sono progressivamente illuminati dalla conoscenza di Lui attraverso il confronto della sua Parola con le Scritture dell’A.T. Vi sono di quelli che sono disposti a credere solo se vedono dei segni. La loro fede è basata sull’entusiasmo e sull’interesse come accadrà ai galilei che dopo essersi saziati dei pani proclamano Gesù re e profeta e poi il giorno dopo dimenticano tutto e chiedono un nuovo segno.
 
Il culmine della pericope è la rivelazione che Gesù fa di sé come il Figlio di Dio. Il Dio dei Padri è il Padre suo che esprime nel gesto di Gesù la sua gelosia per il suo popolo. Egli non vuole che nella Casa del Padre suo vi sia qualcosa che si frapponga tra i credenti e il Padre perché – come dirà al c. 4 – il Padre deve essere adorato in Spirito e verità. Il Tempio quindi è purificato perché sia subordinato al vero Tempio, che è il Corpo di Gesù, in rapporto al quale i credenti possono compiere la giusta adorazione di Dio.

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
Prima di celebrare la Pasqua nella sua ora, Gesù celebra la pasqua dei Giudei perché nato da donna, nato sotto la legge (Gal 4,4). Ma poiché Egli libera dalla Legge, vuole condurre i suoi a celebrare la Sua Pasqua. Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù sale a Gerusalemme. Ogni volta che Gesù celebra la Pasqua, sale. Tutto quello che compie nella Pasqua lo compie in alto, sul monte. Sul monte Egli purifica il Tempio, spezza il pane alle folle e sulla Croce Egli è innalzato. Il Signore trova nel tempio gente che vende buoi, pecore e colombe e, là seduti, ci sono i cambiamonete. Animali mondi per il sacrificio e monete senza immagine, ma non trova un cuore puro capace di un sacrificio spirituale.
 
Gesù trovò nel tempio non ciò che cercava, ma quello che non voleva, come è detto in Is 1,10-17. L’avarizia e l’ipocrisia si nascondono sotto il manto della giustizia legale. In questo modo il sacrificio è svuotato del suo significato e perde, seppure compiuto ancora nell’ombra della Legge, la forza che gli deriva dall’intenzione pura dell’offerente.
 
Il Signore inizia purificando l’atrio, il recinto esterno, là dove possono accedere anche le Genti. Infatti con la presenza dei venditori e dei cambiavalute quale differenza c’è tra Israele e le Genti? Con uno strumento, che indica la sua autorità e anticipa il suo giudizio, il Signore scaccia tutti dal tempio, dall’atrio esterno dove avevano accesso anche i gentili, e nessuno può resistere alla sua forza: fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi. Con particolare durezza Egli tratta i cambiavalute indicando che un giudizio più duro grava su di loro. 
 
Ai venditori di colombe comanda di portar via dal tempio: queste cose, Gesù dà un nome generico a indicare quello che realmente sono la causa della profanazione del tempio. Se quanto è offerto al Signore è oggetto di compravendita diviene «cosa», non è più un dono e perciò deve essere tolto dal tempio. Disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». La lenta e inesorabile trasformazione della casa del Padre in un luogo di mercato è il segno del prevalere degli interessi sul culto. Il sottile passaggio avviene prima nello spirito dell’uomo e poi nelle cose esterne.
 
L’azione del Signore richiama immediatamente ai discepoli le parole della Scrittura. È l’inizio della fede. La verità consiste nel cogliere il rapporto tra la parola di Gesù e le Scritture. Come è divorato dallo zelo per il tempio così il Signore è divorato di zelo per la sua Chiesa. I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Avviene già così la distinzione: i mercanti fuggono impauriti, mentre i discepoli sono ammaestrati nelle divine Scritture. 
È utile, seguendo gli insegnamenti dei Padri, leggere queste parole anche in rapporto a quella casa di Dio che è la Chiesa e ai credenti nei quali lo Spirito dimora come in un tempio (cfr. Ef 2, 21-22). Anche nei suoi atri ci possono essere dei mercanti. 
 
Quando le realtà terrene invadono anche solo gli atri della Casa di Dio, il Cristo è pronto per cacciare fuori quanti mercanteggiano, anche se non sempre Egli interviene volta per volta, infatti il grano e la zizzania crescono insieme fino al giorno della mietitura. Perciò mercanti e cambiavalute saranno sempre presenti negli atri della Chiesa. Gesù dicendo: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere», dà loro come il comando di distruggere il tempio del suo corpo perché essi lo immoleranno, come Agnello pasquale, al tramonto del sole. Ma distruggendo Lui, essi distruggeranno pure il Tempio per l’intima connessione che esiste tra il Cristo nell’economia storica e il Tempio. Egli farà risorgere il tempio del suo corpo, di sua natura incorruttibile e questo sarà l’unico tempio perché la figura è passata ed è apparsa la verità.
 
I Giudei non possono comprendere perché non conoscono altro tempio che quello materiale: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Non hanno visto, come Mosè aveva visto, il modello in rapporto al quale fu fatta la tenda nel deserto e quindi il Tempio di Gerusalemme (Eb 8,5: Guarda di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte). Ma Gesù parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
 
La fede consiste nell’accostare la Scrittura alle parole dette da Gesù. Questo è possibile solo in virtù della sua risurrezione. Infatti è solo per l’effusione dello Spirito Santo (cfr. 14,26) che possiamo comprendere le Scritture. 
 
L’evangelista ci presenta così tre gradi di conoscenza: quello secondo la lettera, che è proprio dei Giudei, e che comprende solo attraverso «gli elementi del mondo»; quello dei discepoli che, in forza della sua risurrezione, ricordano e credono alla sua Parola e infine quello dei risorti che giungono alla contemplazione di ciò che hanno conosciuto.
 
L’intensificazione della conoscenza è in rapporto al mistero di Cristo che illumina e rivela le Scritture che lo contengono e lo annunciano. Molti credono in rapporto ai segni ma non si fanno suoi discepoli. 

 




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