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Lectio divina – II Domenica del Tempo ordinario – Anno B

Inserita il: 15/01/2021

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Gv 1,35-42
“Ecco l’Agnello di Dio!”

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» - che significa Pietro.

CONTESTO E TESTO
La liturgia della Parola di questa seconda domenica del tempo ordinario, ha come tema la chiamata al discepolato, seguire Gesù e vivere una profonda relazione di amicizia con Lui, una intimità che apre al mistero di Dio. È la vocazione di ogni cristiano che, avendo accolto la chiamata personale di Cristo a seguirlo, ha ricevuto il Battesimo e iniziato una vita nuova che cammina con Lui, vive con Lui, vede il mondo e la storia con i suoi occhi, ama il Padre e i fratelli del suo stesso amore.
 
Giovanni, già nel primo capitolo del suo Vangelo, ci racconta la chiamata dei primi discepoli tramite la mediazione di Giovanni Battista che lo indica come l’Agnello di Dio. Due dei suoi discepoli udito questo seguono Gesù e alla domanda di Gesù: “Che cercate?”, gli rispondono chiamandolo Maestro e chiedendo: “Dove dimori?”. E dimorarono con Lui tutto quel giorno e tutta la loro vita. E’ la domanda che Gesù rivolge anche a noi: “Che cercate?”. Lo Spirito santo ci conceda di rispondere con verità: “Signore, cerchiamo Te!”.

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
Giovanni, vedendo Gesù, dà la sua testimonianza davanti ai discepoli: «Ecco l’agnello di Dio!». Ma ora siamo al il terzo giorno e Giovanni stava ancora là nel luogo dove egli battezzava con acqua e dove aveva indicato Gesù. Accanto a lui ci sono due tra i suoi discepoli. Hanno seguito Giovanni, mettendosi alla sua scuola e ora sono pronti ad accogliere la sua testimonianza su Gesù. Il giorno precedente Gesù veniva verso Giovanni, ora Egli sta camminando, come in Mt 4,18 cammina presso il mare di Galilea. Gesù quindi sta per abbandonare Giovanni e sta andando oltre per iniziare il suo ministero. 
 
I due discepoli di Giovanni ascoltano il loro maestro mentre parla e rivela in Gesù che passa l’Agnello di Dio. Ascoltano e comprendono. Non potrebbero conoscere Gesù se Giovanni non lo rivelasse loro. Ascoltano e seguono Gesù. Essi passano dalla scuola di Giovanni a quella di Gesù, testimoniando la continuità. Alla scuola di Giovanni avevano imparato ad attendere l’avverarsi della profezia; ora, mettendosi alla scuola di Gesù, sarebbero diventati testimoni del compiersi di quanto è scritto. La loro sequela insegna che chi legge l’Antico Testamento, se veramente l’ascolta, segue Gesù. Questi viene rivelato dalle pagine delle divine Scritture, attraverso la testimonianza dei profeti, di quanti nella Chiesa hanno il compito di interpretare. Essi sono simili allo scriba dotto che sa trarre dal suo tesoro cose antiche e cose nuove (cfr. Mt 13,52).
 
Gesù, vedendo che lo stanno seguendo, si volta. Sembra che Egli continui a camminare. L’Evangelo rileva che Gesù li vede mentre lo stanno seguendo. Gesù vede solo loro tra tutti quelli che lo hanno visto e hanno udito le parole di Giovanni perché solo questi lo hanno seguito. Egli, infatti, conosce i suoi. Voltarsi verso di loro esprime quindi l’elezione. La prime parole, che Gesù rivolge a coloro che lo seguono, sono: Che cosa cercate? La domanda di Gesù è piena di misericordia verso noi uomini che sempre siamo alla ricerca. Nel porre la domanda, Egli sa che può dare anche la risposta.
 
I due discepoli lo chiamano Rabbì, con lo stesso nome con cui chiamano Giovanni (cfr. 3,26). Essi ancora colgono la continuità e non la novità. Essi vogliono mettersi alla sua scuola e accogliere il suo insegnamento, perciò chiedono a Gesù: «Dove dimori?». È un verbo molto usato in questo evangelo. Con questa domanda esprimono il desiderio di stare con Lui e di condividere la sua stessa vita. 
 
Gesù dice loro: Venite e vedrete. Non a caso usa un tempo presente e uno futuro: essi ora devono andare con Lui, ma vedranno dove Egli abita alla fine. All’azione, che Egli comanda di compiere, è legata una promessa. Secondo il comando del Signore andarono e videro dove abitava. L’evangelo non descrive il luogo, anzi, alla lettera usa il presente: dove abita, a indicare che la sua dimora è dove è Lui. Il Verbo, diventando Carne, pose la sua Dimora tra noi, ed essi iniziarono a vedere la sua Dimora, quella casa che la Sapienza si è costruita, intagliando le sue sette colonne (cfr. Pr 9,1). Perciò dimorarono presso di Lui. Dopo che il Signore è glorificato è scritto che Egli dimora in noi e noi in Lui (6,56; 15,4.5.6.7: parabola della vite e dei tralci). Essi dimorarono presso di Lui quel giorno. Quel giorno è diverso da tutti gli altri. Chi dimora presso il Signore, entra in una nuova dimensione del tempo, quella che l’Apostolo chiama la pienezza del tempo (Gal 4,4). Contemplandola Agostino esclama: «Che giornata felice, che notte beata dovettero trascorrere! Chi ci dirà cosa ascoltarono dal Signore?». Anche noi, se dimoriamo presso di Lui e addirittura in Lui, possiamo conoscere questo giorno, in cui si passa dalla Legge all’Evangelo. 
 
L’evangelista ricorda anche l’ora in cui andarono e dimorarono presso Gesù: era circa l’ora decima, probabilmente verso le quattro del pomeriggio. I nostri Padri e Sapienti hanno indagato sul significato di quest’ora. È questa l’ora in cui si era soliti cenare. A quell’ora i discepoli accolsero l’invito della Sapienza che dice: Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che ho preparato (Pr 9,5). Essi furono accolti nella sua casa e mangiarono alla sua mensa. 
 
L’attenzione poi si fissa su uno dei due che lo avevano seguito: è Andrea, fratello di Simon Pietro. Volutamente l’Evangelo ne riassume ancora le caratteristiche: hanno udito, stando presso Giovanni, la sua testimonianza su Gesù ma non si sono accontentati di questa: essi hanno voluto seguire Gesù. Infatti seguendolo, lo hanno conosciuto. L’attenzione si ferma su Andrea perché è il primo a professare la sua fede in Gesù come il Messia. Egli è chiamato fratello di Simon Pietro perché al fratello lo accomuna la stessa fede in Lui. Il nome, che Gesù conferisce a Simone, è legato, secondo l’evangelo di Matteo, alla sua professione di fede in Gesù. È ricordato Andrea e non l’altro discepolo, perché egli si è fatto annunciatore di Gesù come Messia. 
 
Andrea incontra per primo suo fratello Simone e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo e lo condusse da Gesù. Andrea trova perché ha cercato, così allo stesso modo hanno trovato il Messia perché lo hanno cercato. Legato a Simone, Andrea non vuole che questi resti privo di una simile conoscenza. Per questo, dopo aver dimorato presso Gesù, per prima cosa va alla ricerca di Simone e lo conduce da Gesù. Il legame di sangue, il suo proprio fratello, serve per condurre da Gesù, ritrovando così in Lui un nuovo rapporto. Andrea, nel vangelo di Giovanni, appare come colui che conduce da Gesù: è lui che segnala il ragazzo con i cinque pani d’orzo e i due pesci nella frazione del pane (6,9) e insieme a Filippo conduce i Greci presso Gesù (12,21). Andrea dice: Abbiamo trovato il Messia. 
 
Andrea conduce il fratello da Gesù ma costui appare del tutto passivo: subisce l’azione del fratello, riceve il nome nuovo da Gesù, ma di lui non si riporta nessuna parola. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, pronuncia il nome che finora ha posseduto e che lo qualifica come uomo appartenente a una famiglia. Cambiandogli il nome, nel momento in cui lo accoglie alla sua sequela, gli apre un nuovo cammino che espliciterà il significato del nuovo nome: Cefa, che si interpreta Pietro. Come dal padre terreno aveva ricevuto il suo primo nome per indicare che da lui derivava, così dal Cristo riceve il nuovo nome derivando il suo nome da quella pietra che è Cristo (1Cor 10,4).

 




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