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Lectio divina della XIII Domenica del Tempo ordinario - Anno A

Inserita il: 25/06/2020

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Mt 10,37-42
“Chi accoglie voi accoglie me e colui che mi ha mandato”

37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. 40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.

CONTESTO E TESTO
I temi della Parola di Dio, in questa XIII Domenica del tempo ordinario, sono due: Seguire Cristo fino al distacco da tutti e da tutto, e accogliere Cristo nei fratelli. I due temi hanno un’oggetto e un soggetto comune: noi e Cristo. I testi della liturgia ci donano molta speranza, perché mettono in evidenza la fiducia che il Signore ripone nei suoi discepoli e nei profeti suoi messaggeri: sono accolti e sono chiamati ad accogliere, con lo stile stesso di Dio.
 
Nel Vangelo, in cui continuiamo a leggere il discorso missionario, tratto da Matteo 10, 37-42, Gesù sottolinea la grandezza dell’accoglienza. I discepoli che portano la Parola, cioè annunciano Cristo e il suo Regno, sono il riflesso di Lui: chi accoglie loro accoglie il Maestro e accoglie il Padre che lo ha mandato. 
 
La missione della Chiesa non è una strategia ma condivisione della salvezza, annuncio dell’Amore e del Perdono donato a tutti quanti si dispongono all’ascolto e all’accoglienza: a ciascuno è chiesto di mettere il Signore al primo posto.

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
Gesù dice: chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me… Parole molto esigenti e radicali. Ogni adesione a Gesù Cristo è un’avventura segnata dalla croce ed è necessario un distacco totale “per causa mia”, ma, con Lui, si ritrova il tutto che si è offerto. Per il discepolo, l’attaccamento a Gesù conduce a spezzare ogni legame che impedisca di lasciare tutto per seguirlo, a partire da ciò che si ha di più caro: i rapporti familiari. L’affetto di un padre, la tenerezza di una madre, la dolce amicizia tra fratelli e sorelle, l’amore per il figlio o la figlia. Tutto questo, pur essendo molto buono e legittimo, non può essere preferito a Cristo. 
 
Gesù non nega il valore degli affetti familiari, non è perché egli ci voglia senza cuore, duri come pietre, ma perché la condizione del discepolo esige un rapporto prioritario col Maestro. “Figlio mio, dammi il tuo cuore”, dice il saggio (Prov.23,26). Le parole severe di Gesù, ci fanno riflettere su che cosa significhi essere cristiani. Forse ci stiamo dimenticando di questo, dopo più di 2 mila anni di cristianesimo! Si tratta di impostare rettamente la vita di ogni cristiano.
 
Gesù ripete per tre volte che chi ama tali persone più di Lui, chi non prende la sua croce e non lo segue non è degno di me”. Scegliere Cristo è di importanza capitale, amarlo cioè più delle persone care e delle cose care. Qui si tratta di fede, come quella di Abramo, disposto a sacrificare per Dio, anche il suo unico figlio, il figlio della promessa: non si tratta di perdere, ma di trovare un bene più grande senza perdere i beni che già abbiamo. È una liberazione dal “possedere” per sentirsi sicuri.
 
Gesù va scelto e amato più di tutti e di tutto. Passano in secondo ordine rispetto al Signore, tutti i legami, anche quello di sangue, i vincoli familiari e tutte le altre relazioni. Si tratta di vivere tutte le relazioni al modo di Cristo, che tutti conduce al Padre e non tiene per sé. Noi siamo chiamati a una vita di relazione e la nostra fede non è una dottrina o una teoria, ma una relazione d’Amore con chi ci ama per primo. Se inteso male il Vangelo potrebbe facilmente produrre divisioni e separazioni. Ma l’unica separazione è nei confronti del peccato e di colui che ci induce al peccato, Satana. Ed il peccato più grave è proprio la mancanza d’amore, vivere solo per se stessi e tenere al centro il proprio io.
 
Si tratta di impostare bene la vita cristiana intorno a Gesù Cristo. Il cristiano è sempre in tensione tra un sì alle esigenze della grazia e un no alle seduzioni del maligno, al peso dell’egoismo e della pigrizia. E questo si significa portare la croce con Cristo. 
 
Da notare che la croce era intesa come il Tau, cioè il segno di appartenenza a Dio (cfr Ezechiele 9). Per seguire Gesù bisogna passare per la via stretta, della purificazione dalle tendenze egoistiche, operare anche dolorosi distacchi: si tratta di una revisione totale di tutto ciò che abbiamo e che siamo. Non si tratta di valorizzare la sofferenza in sé e per sé perchè il fine è la conformazione a Gesù.
 
Spesso anche in famiglia ci sono condizionamenti che non favoriscono la libertà di scelta nella sequela del Signore. Troppe sono le scusanti – divertimenti, comodità, vita disordinata, ecc. - per non seguire il Signore. Anche nella scelta vocazionale e di consacrazione religiosa della vita! In questo caso è inutile invocare il IV comandamento, quando i genitori vorrebbero indurre i figli a non seguire Cristo!
 
Solo chi lascia tutto, può accogliere tutti. Solo chi muore al proprio egoismo e indifferenza, arriverà ad amare in maniera autentica ed altruistica. La richiesta esigente di Gesù infatti, non significa che non dobbiamo amare quelli che ci hanno trasmesso la vita: - ce lo ordina il 4 comandamento di Dio – ma piuttosto che dobbiamo amare Gesù di più, perché Lui ci aiuterà ad amare gli altri “col suo amore”, come ci insegna S. Francesco d’Assisi.
 
Per ogni chiamato alla sequela speciale di Cristo, nel momento in cui egli “prende la sua croce”, l’amore si dimostra sempre a caro prezzo. Lo stesso è stato per Gesù, quando lasciò Nazareth e sua Madre Maria, avviandosi a Gerusalemme, senza voltarsi indietro. Seguendo Gesù, autenticamente, si può accogliere con cuore nuovo e amore nuovo, quello che abbiamo lasciato.
 
La storia di molti Santi e Martiri è piena di separazioni drammatiche tra genitori e figli. Addirittura S. Barbara fu consegnata al carnefice dal padre infuriato, perché si era fatta battezzare di nascosto! S. Francesco d’Assisi, per seguire Cristo povero, soffrì il rifiuto drammatico di suo padre Pietro Bernardone. S. Felicita, interrogata dal carceriere come avrebbe potuto avere il coraggio di divenire pasto delle belve, rispose: ”Dentro di me, vi sarà un Altro che patirà per me, perché io mi dispongo a morire per Lui.”
 
Ma questo vale per la vocazione cristiana in se stessa: l’essere discepoli di Cristo richiede questo taglio drastico. Certo, il Vangelo ci mette in crisi per forza, quando dice: “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me! Vivere la vita cristiana con coerenza, è la misura del nostro “seguire Cristo”. 
 
Il resto sono chiacchiere: ricordiamoci di quel detto di Gesù: “Non chi dice: Signore, Signore entrerà nel Regno dei cieli ma chi fa la volontà del Padre mi che è nei cieli”. E la volontà del Padre è sempre l’Amore gratuito e fedele, senza condizionamenti.
 
Amare davvero Cristo comporta accettare e accogliere quelle persone che vengono nel Suo Nome e non hanno nulla da ricambiarci, anzi può darsi addirittura che ci ricambino anche facendoci del male. Ci sono dei momenti allora in cui diventiamo un “segno” per quanti ci accostano. Quando la miseria, la violenza subita, il dolore, bussano alla porta del fratello bussano anche alla mia porta e mi chiedono di condividere e di portare insieme la croce, proprio come ha fatto Gesù e come hanno fatto i santi. 

IN ASCOLTO DEI PADRI DELLA CHIESA
“Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; e chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me. E chi non prende la sua croce e viene dietro a me, non è degno di me” (Mt 10,37-38). Notate la dignità e l’autorità del Maestro. Vedete come egli dimostra di essere il Figlio unico e legittimo del Padre, ordinando agli uomini di rinunziare a tutto e di anteporre l’amore per lui a ogni cosa. Non vi ordino soltanto -egli dice in sostanza – di preferire me ai vostri amici o ai vostri parenti. Vi ordino qualcosa di più, vi dico cioè che se preferite la vostra anima, la vostra vita all’amore che mi dovete, siete ben lontani dall’essere miei discepoli. E se Paolo raccomanda con tanta cura ai figli di essere sottomessi ai genitori, non stupitevene. Egli ordina di obbedire ai genitori solo in quelle cose che non offendono l’amore di Dio. È santo rendere ai genitori tutto l’onore e la deferenza che loro è dovuta. Ma se essi esigono da noi quanto non è loro dovuto, non si deve obbedir loro. Ecco perché Luca, citando le parole di Gesù, scrive: “Se uno viene a me senza disamare il proprio padre e la madre, la moglie e i figli, i fratelli, e persino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,26). Cristo non comanda di non amare in senso assoluto, perché ciò sarebbe del tutto ingiusto; ma se i genitori e i parenti esigessero per sé un amore più grande di quello che nutriamo per lui, egli dice di detestarli per tale motivo. Questo amore non ordinato, infatti, perderebbe sia colui che ama sia coloro che sono così amati”.
(San Giovanni Crisostomo In Math. 35, 1 s.)

 




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Marta Josefina

03/07/2020 | 02:31

Muchas gracias por la Lectio Divina. Es de gran ayuda para mí

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