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Lectio divina della V Domenica di Pasqua - Anno A

Inserita il: 07/05/2020

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Gv14, 1-12
“Io sono la Via, la Verità e la Vita, nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”
 
 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 1«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via». 5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». 8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. 12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

CONTESTO E TESTO
La Parola di Dio della quinta domenica di Pasqua ha come tema la centralità di Cristo Risorto, che è la Via, la Verità e la Vita per tutti coloro che credono e, nella prima lettura, mediante il libro degli Atti, al cap 6, ci racconta la vita della prima comunità che si scontra anche con le difficoltà del vivere quotidiano, in cui a volte ci si scontra. Infatti nel rispondere alle necessità a volte si facevano delle trascuratezze. Questo suggerisce l’istituzione dei diaconi perché si prendano cura delle cose pratiche e nessuno della comunità sia trascurato nella divisione dei beni. Sono elencati i nomi dei primi sette diaconi, che affiancano gli apostoli nella gestione della vita comunitaria. 
Il Salmo 32 ci fa pregare la fedeltà di Dio che non fa mai mancare il Suo Amore a coloro che in Lui si affidano. Nella seconda lettura è sempre l’Apostolo Pietro, che ci ricorda, al cap 2, che noi siamo le pietre vive dell’edificio spirituale che è la Chiesa, costruite su Cristo, la Pietra angolare. Per questo siamo una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo che Dio si è acquistato. Questa definizione della Chiesa risulta la più completa e la più affascinante. E’ l’ecclesiologia fondamentale.
Il testo del Vangelo tratto dal cap 14 di Giovanni, ci mostra che credere in Gesù Cristo significa credere nel Padre che lo ha mandato perché sia la nostra Via verso di Lui, la nostra Verità che ci rivela il volto del Padre e mediante lo Spirito ci dona la Vita che non muore: Gesù è la Via, la Verità e la Vita, conoscere Lui significa conoscere il Padre e lo Spirito Santo, conoscere la gratuità del Suo Amore per tutti i suoi figli. 

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
Parlando di sé, Gesù dice: «Ora l’anima mia è turbata» e poco dopo di Lui è detto: «Dette queste cose, Gesù si turbò nello spirito». Per i discepoli parla del cuore, per sé parla dell’anima e dello spirito. Chi ha la sapienza nel conoscere la distinzione che c’è tra cuore, anima e spirito può comprendere la differenza di linguaggio. Nulla infatti nelle Scritture è lasciato al caso ma tutto proviene dallo Spirito. Nell’AT spesso si parla del turbamento del cuore (Gb 37,1; Sal 37,10; 54,5 ecc.). Non sia turbato il vostro cuore dal satana (azione del satana nell’ora di Gesù: entra in Giuda (13,27); vaglia i discepoli (Lc 21,31s).
 
Sta per venire l’ora che Gesù chiama: l’ora vostra (Lc 22,53: «Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre»). È l’ora in cui il Pastore viene percosso e sono disperse le pecore del gregge (cfr. Mt 26,31).
 
Il Signore afferma che unico è l’atto di fede verso il Padre e il Figlio (vedi 22,44). Credere in Lui impedisce che sia turbato il nostro cuore; così commenta Agostino: «Avviene di conseguenza che se credete in Dio, dovete credere anche in me: non sarebbe ciò consequenziale, se Cristo non fosse Dio. Non temete la morte per questa forma di servo; non sia turbato il vostro cuore, la forma di Dio la risusciterà» e Crisostomo sottolinea: «Quella fede che è verso di me e verso il Padre, che mi ha generato, è più potente di tutte le cose che sopravverranno; e nessuna difficoltà può prevalere contro di essa».
 
Credere in Gesù è accoglierlo come l’Innalzato nella sua morte e risurrezione: questa è la via che ogni discepolo deve percorrere per andare con Gesù al Padre. Quando il cuore si turba solo nella fede può essere rassicurato.
 
Il Figlio, che vive nella casa del Padre, ci parla della sua casa, nella quale non vuol vivere da solo ma con i suoi. Non ci riporta più al paradiso terrestre ma nella sua casa che è il grembo del Padre.
 
Per questo Egli va, attraverso la sua morte, a prepararci il posto e dopo, Pietro e tutti i discepoli potranno seguirlo. Nella casa del Padre suo, Gesù non è solo. L’espressione la Casa del Padre mio ritorna al c. 2 quando il Signore purifica il Tempio. C’è ora da chiedersi se la Casa del Padre non sia, su questa terra, il Corpo di Cristo, cioè la sua Chiesa, dove ci sono molte dimore pur essendo uno il corpo. Così dice Agostino: «Che cosa pensiamo sia la Casa di Dio? Di essa l’Apostolo dice (1Cor 3,17): il Tempio di Dio è stato fatto e siete voi. Questa è dunque la Casa di Dio che ancora si edifica e che ancora viene preparata».
 
Nessuno può andare di propria iniziativa (come Pietro aveva tentato di fare) ma solo al ritorno del Cristo è possibile, perché Lui solo può prenderci con sé affinché siamo anche noi dove Egli è: nel Padre e nello Spirito.
 
Probabilmente il testo conserva vari significati. Vi è un ritorno di Gesù dopo la sua risurrezione, in questo tempo, nel quale i suoi sono con Lui perché lo conoscono, ne esperimentano la presenza efficace, ma ancora non lo vedono con gli occhi di carne. Tuttavia Gesù già dimora in loro e loro in Lui. Vi sarà poi il ritorno ultimo nel quale questo rapporto sarà trasfigurato e il volto della Trinità sarà visibile. Ora, su questa terra, è per fede che noi siamo uniti a Lui, allora sarà nella visione.
 
Si conosce la via quando si conoscono le divine Scritture che annunciano dove Gesù sta andando. Ma i discepoli ancora non comprendono. Vi è una situazione in cui si conosce ma non si comprende pienamente. Solo dopo la sua risurrezione essi comprenderanno. E’ perciò decisivo per la nostra fede, la frequentazione costante della Scrittura, l’ascolto quotidiano della Parola di Dio.
 
Gesù ha detto loro di andare a preparare un posto e Tommaso replica di non sapere dove Egli vada. Questo manifesta che il discepolo non ha compreso la parola di Gesù. Egli pensa ad un cammino terreno perché nelle divine Scritture i padri hanno camminato con fede in itinerari terreni, come Abramo e il popolo con Mosè. Tommaso vede solo questo itinerario, anche se percorso nella fede e nell’azione salvifica di Dio. Egli non sa quindi dove vada Gesù e di conseguenza non ne conosce la via.
 
Gesù risponde presentando la verità del cammino dei padri e di ogni credente. Essi pur camminando fisicamente, hanno tuttavia camminato in Lui, che è la Via perché hanno conosciuto Lui, il Messia, attraverso i simboli delle realtà terrene, Cristo che è la verità e creduto in Lui, che è la vita. La fede è un atto unico e ha un termine unico: Gesù, il Figlio.
 
Gesù porta i suoi discepoli a scoprire quell’itinerario dello Spirito, che si compie nel ritmo della vita quotidiana, legata al tempo e allo spazio. I discepoli vivono nel tempo e nello spazio, ma, dimorando in Lui, camminano in Lui, che è la Via, sono guidati dal suo Spirito di verità a Lui che è tutta la Verità e credendo ricevono Lui che è la Vita. Solo così i credenti, che sono tutti suoi discepoli, giungono attraverso di Lui al Padre.
 
Gesù si rivela e si fa conoscere come Colui nel quale tutti camminano, conoscono e vivono. Conoscendolo come Colui che è il Principio basilare del nostro esistere (movimento, conoscenza e vita) percepito nella sua pienezza, coloro che lo seguono conoscono anche il Padre. Non si può infatti conoscere Gesù come il Principio se non lo si conosce come il Verbo, che in principio era presso Dio ed era Dio. Non solo è dato ai discepoli di conoscerlo ma anche di vederlo. Qui il Signore pone un’identità importante tra conoscere e vedere. Conoscere è esperimentare quindi è vedere. Essere in Gesù significa sì essere in movimento (sulla via) ma è un movimento interno a Lui (in Lui dimoriamo) quindi è conoscenza di Dio in Gesù (la verità) ed è pertanto visione del Padre (fonte della vita).
 
Nella sua richiesta di conoscere Filippo, al verbo «vedere» sostituisce il verbo «mostrare». In tal modo Gesù non appare in una stretta relazione con il Padre da essere uno con Lui, ma semplicemente come guida al Padre (così Filippo intende la parola «via»), cioè di non essere la rivelazione del Padre, ma Colui che guida a questa rivelazione. Una volta che Gesù ha fatto conoscere il Padre cessa, per Filippo, la sua missione («ci basta»). Per lui Gesù scompare come Mosè e i profeti, che scompaiono di fronte a Gesù. Ma Filippo è incompleto nella sua fede. Per questo Gesù reagisce alla richiesta di Filippo.
 
Il rimprovero di Gesù tocca ogni discepolo. Il tempo trascorso con Gesù serve per conoscerlo. L’esperienza di Lui nella parola, nella realtà sacramentale e nella comunità dei fratelli serve a portare i discepoli a conoscere chi è Gesù, cioè a vederlo, e quindi vedere in Lui, il Padre. Chi vede Gesù vede il Padre!
 
Dal conoscere si passa al vedere e infine si giunge al credere. Questo è il vero modo di rapportarsi del discepolo. Se questi crede che Gesù è nel Padre e il Padre è in Lui, allora egli conosce e quindi vede in Gesù il Padre.
 
Il fondamento della fede sono le sue Parole, che - subito viene precisato - sono le stesse opere del Padre. In Gesù tra la parola e l’opera non vi è successione, né distinzione. La sua Parola è Opera e nello stesso tempo si rivela come l’Opera del Padre. Per questo Gesù è il Figlio e in Lui si vede il Padre. Il Padre è la sorgente delle parole del Figlio e quindi delle sue opere nel Figlio, perché è la sorgente della stessa vita del Figlio e quindi, in Lui, di ogni credente. Perciò ogni discepolo, vivendo nel Figlio, vive nel Padre. Tutto si fonda sulla fede in Gesù, vero uomo e Figlio di Dio.
 
Gesù riafferma questa identità con il Padre, che fa affacciare i discepoli sul mistero di Dio. Per questo Gesù esige dai suoi discepoli che credano a Lui. Se non riescono ancora ad essere in un rapporto così profondo da credere solo alle sue parole almeno si appoggino alle opere come ha già chiesto ai giudei.
 
Questa impressionante affermazione sta a significare il rapporto che Gesù ha con il suo discepolo. È lo stesso rapporto che Gesù ha con il Padre. Una volta che Egli è nel Padre è pure nei suoi discepoli. Glorificato, Egli penetra l’intimo dei discepoli al punto da essere il Principio vitale del loro essere e del loro agire. Chi compirà queste operazioni sarà lo Spirito. Per questo i discepoli non si sentiranno mai soli perché Gesù è con loro.

IN ASCOLTO DEI PADRI NELLA FEDE
“E qui sorge una domanda: noi cristiani prendiamo sul serio queste parole? Oppure le ripetiamo senza la consapevolezza necessaria? Ormai non si può avere una conoscenza di Dio se non si conosce Gesù Cristo, non si può credere nel Dio vivente senza credere in Gesù Cristo, non si può avere comunione con Dio se non si ha comunione con Gesù Cristo (…). Dobbiamo avere il coraggio di dire che per noi cristiani Dio è una parola insufficiente. Scriveva significativamente san Giustino, un padre della chiesa del II secolo: “La parola ‘Dio’ non è un nome, ma un’approssimazione naturale all’uomo per descrivere ciò che non è esprimibile” (II Apologia 6,3). E’ una espressione generica. Ebbene, ciò che è decisivo per la fede cristiana non sta in Dio quale premessa, ma si rivela quale meta di un percorso compiuto dietro a Gesù Cristo e con lui, non caso definito dall’autore della Lettera agli Ebrei “l’iniziatore della nostra fede” (Eb 12,2). Non si può dunque andare a Dio e poi conoscere Gesù Cristo, ma il cammino è esattamente l’inverso: si va al Padre attraverso Gesù che gli dà un volto, che ce lo spiega e ce lo rivela”. 
(Comunità monastica di Bose)
 
 



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