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Lectio divina della V Domenica di Quaresima - Anno A

Inserita il: 26/03/2020

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Gv 11, 1-45
“Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore, vivrà”

1In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». 4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». 11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». 17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. 32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il volto avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare». 45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
CONTESTO E TESTO
La liturgia della Parola di questa domenica ci invita a crescere nella fede di Dio, Padre del Signore Gesù Cristo: è il Dio della vita che vince la morte facendoci uscire dai nostri sepolcri, non solo quelli fisici ma anche i sepolcri del peccato in cui spesso precipitiamo. Il Vangelo di Giovanni, al cap. 11, racconta la risurrezione di Lazzaro, fratello di Marta e Maria, una famiglia amica di Gesù che vive a Betania, e presso la quale Gesù può riposare il cuore. Il testo è molto lungo e particolareggiato, posizionato dall’Autore proprio dopo il capitolo 10 in cui Gesù si definisce il Buon Pastore. È Lui che ci cerca nella nostra morte, ci trova, ci porta sulle sue spalle e ci conduce al Padre. Ma dedichiamoci all’approfondimento di questo testo meraviglioso.

APPROFONDIMENTO DEL TESTO
Colui che è infermo è Lazzaro, di cui si dice che è di Betania, da dove provengono pure le sue sorelle Maria e Marta. Di Lazzaro si dice solo che è ammalato. Nell’inviare messaggeri a Gesù le sorelle pongono davanti a Lui la situazione (ecco), come aveva fatto Maria, la Madre di Gesù, a Cana. Colui che tu ami è malato, a questo esse non aggiungono altro. Le loro parole rivelano da una parte l’intimità con Gesù e dall’altra come essa coesista con la malattia. Si crea una dinamica tra l’amore del Cristo e la malattia per cui i discepoli guardano con fede il Signore sicuri che il suo amore vince la morte.
 
Poiché Gesù ama Lazzaro, la malattia di questi non è mortale. La morte non ha potere su Lazzaro perché l’amore di Gesù la ferma e tramuta la malattia nella manifestazione della gloria di Dio, quella stessa gloria, che si manifesta in Gesù, il Figlio di Dio. Questa parola di Gesù ci rivela come nessuna infermità sfoci nella morte definitiva per coloro che Gesù ama ma, al contrario, divenga luogo dove il Figlio di Dio è glorificato. Non c’è più nulla di negativo che non sia risolto in una manifestazione della gloria del Figlio. Restano sotto il dominio della morte coloro che rifiutano il Cristo; questo è il peccato che conduce alla morte (1Gv 5,16); in costoro non si manifesta la gloria di Dio. 
 
Gesù ama in modo continuo e perfetto. Nei confronti di Marta, di sua sorella e di Lazzaro, Gesù agisce amando. Il segno, che Egli sta per compiere, manifesta la sua gloria di Figlio di Dio. L’irradiazione della sua gloria è amore. Il versetto 5 è quindi la chiave interpretativa di questo segno. Il Figlio di Dio mostra la sua gloria con la forza dell’amore. 
 
Dopo due giorni Gesù vuole tornare in Giudea. Egli non dichiara subito ai discepoli quanto intende fare. Egli vuole che in Gerusalemme e nelle immediate sue vicinanze si riveli la sua gloria di Figlio di Dio, attraverso i segni da Lui compiuti, e ci si prepari ad accogliere la sua ultima manifestazione quando sarà elevato da terra. La guarigione del paralitico presso la piscina, vicino alla porta delle pecore, la guarigione del cieco nato alla piscina di Siloe e infine la risurrezione di Lazzaro sono segni nei quali Egli si rivela come il Signore del sabato che, distruggendo il peccato, dona forza all’uomo e lo fa entrare nel vero riposo; Egli è la Luce del mondo e, infine, in Lui la morte è un sonno perché Egli è la risurrezione e la vita. Il ritorno di Gesù in Giudea è anticipazione profetica del suo ritorno glorioso. 
 
La decisione di Gesù di tornare in Giudea coglie di sorpresa i discepoli. Essi lo chiamano “Rabbi”, “Maestro” perché appaia che la loro domanda non è un rimprovero, ma piuttosto una richiesta. Nella sua risposta proverbiale Gesù indica nelle dodici ore del giorno, in cui Egli è la luce del mondo (cfr. 9,5), il tempo della sua presenza tra noi. «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato», poiché la sua malattia non è mortale in quanto è amico di Gesù e dei discepoli. Con Gesù la morte dei suoi amici è un sonno dal quale solo Gesù può svegliare. I discepoli fraintendono le parole di Gesù. Poiché i suoi discepoli non hanno compreso né la parabola né le sue parole circa il sonno della morte, Gesù parla a loro apertamente, Lazzaro è davvero morto e Gesù dice questo con forza e non con rassegnazione, perché la morte è il nemico, che Egli vuole distruggere in noi. La certezza della vittoria sulla morte tramuta la sua sofferenza in gioia: gioisco per voi. Gesù è nella gioia per noi, se crediamo che in Lui la morte è vinta, perché Egli è la risurrezione e la vita. 
 
Le parole di Gesù colpiscono Tommaso e suscitano in lui il desiderio di condividere la sorte con il Maestro. Egli coinvolge i discepoli sulla necessità di non lasciare solo Gesù fino a condividerne la morte. Ora i suoi discepoli possono seguirlo perché ancora è giorno. Quando però verrà la notte non potranno più seguirlo, benché Pietro dichiari di volerlo seguire fino a morire (cfr.13,37). Allora i discepoli non potranno seguirlo perché rimarranno soli, ora lo possono fare perché Gesù è con loro.
 
Gesù viene a cercare Lazzaro e lo trova che già da quattro giorni è nel sepolcro. Ormai la morte ha preso pieno possesso di lui. Il suo corpo è già in putrefazione. Egli non potrà più tornare in vita perché è entrato nel processo irreversibile del ritorno alla polvere secondo la sentenza divina: Polvere tu sei e in polvere ritornerai (Gn 3,19). 
 
Le due sorelle reagiscono in modo diverso all’annuncio della venuta di Gesù: Marta gli corre incontro, Maria invece se ne sta seduta in casa. Marta per prima ode l’annuncio che il Signore viene e gli va incontro senza avvisare la sorella. Ella non vuole dare a nessuno questo annuncio senza prima aver visto il Signore. Solo dopo che avrà parlato con Lui, Marta avvertirà la sorella della presenza di Gesù. Ella corre da sola per contemplarlo, ascoltarlo e quindi annunciarlo. Maria resta seduta in casa per piangere. Pur amando il Cristo e avendone già esperimentato la Parola come vita, ella resta con coloro che con lei piangono la morte di Lazzaro, sapendo bene che a tutti Gesù darà la vera unica Parola della consolazione.
 
Le due sorelle condividono la stessa fede in Gesù. La morte non può operare alla presenza del Signore. Gesù ha il potere di allontanare sia le malattie che la morte. Le sorelle hanno atteso invano l’arrivo di Gesù prima della morte di Lazzaro. Marta quindi, alla presenza di Gesù, sente rifiorire in sé la speranza. Ella sa che Gesù è in un rapporto tale con Dio che può chiedere qualunque cosa e venire esaudito, si abbandona al Signore per lasciarsi guidare da Lui. L’abbandonarsi al Signore di fronte alla morte e credere nella sua potenza non è esperienza di passiva rassegnazione, ma è inizio di conoscenza del suo mistero e quindi della sua potenza. Davanti a Gesù la morte è annientata perché vinta dalla risurrezione. 
 
L’affermazione di Gesù «Tuo fratello risorgerà» contiene tanti significati: a) la risurrezione immediata di Lazzaro; b) la sua risurrezione nell’ultimo giorno; c) la fine del potere della morte e l’inizio di quello della vita. Poiché l’espressione è misteriosa, Marta risponde affermando la sua certezza nella risurrezione finale. In questa sua dichiarazione, Marta esprime la fede che condivide con la maggioranza del suo popolo e accoglie quindi le parole di Gesù come un’espressione di cordoglio e di consolazione. La certezza che Gesù può ottenere tutto da Dio (v. 22) deve placarsi nell’altra che suo fratello risorgerà nell’ultimo giorno. Sembra che Marta si stia rassegnando al fatto che Gesù non possa varcare il confine della morte nel tempo presente che è ancora dominato dalla morte. 
 
Ma Gesù fa una solenne proclamazione di se stesso: Io sono la risurrezione e la vita. I termini si equivalgono. Proclamare il Nome divino (Io sono) significa dichiarare di essere la risurrezione e la vita. Egli è Colui che chiama all’essere le cose che non sono per dare loro la vita. Gesù dichiarando che il suo essere è la risurrezione rivela che non solo Egli mantiene in noi l’essere creaturale, ma che distrugge in noi quel potere della morte che continuamente vuole annientarci. La redenzione dalla morte è pertanto continua. Ogni giorno moriamo e risorgiamo in virtù della vita che il Cristo ci comunica. Per questo Gesù dice: Chi crede in me anche se muore vivrà. Credere in Gesù è esperimentare che Egli è la risurrezione dai morti ed è la vita stessa.
 
Dopo aver rivelato se stesso e le operazioni che Egli compie nei credenti, Gesù si rivolge a Marta e le chiede: «Credi tu questo?». Ogni affermazione del Signore coinvolge chi ascolta e pone davanti a una libera scelta. Gesù si rivela in modo tale che nessuno sia costretto a credere; Egli illumina l’intelletto in modo sufficiente perché ognuno possa credere liberamente. Marta, posta di fronte alla scelta, prima di vedere il segno della gloria di Gesù nella risurrezione di suo fratello, crede; gli dice infatti: Sì, Signore. Con il «sì» Marta dichiara la sua piena adesione alla rivelazione del Cristo, che ella chiama Signore. Con la sua fede Marta pertanto dichiara di aver creduto che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, che viene nel mondo.
 
Dopo aver professato la sua fede in Gesù, Marta si allontana da Lui. Gesù non le ha detto nulla e tuttavia Marta percepisce in se stessa il comando del Signore di chiamare Maria. Il Maestro è qui e ti chiama, potremmo interpretare: «Per il fatto che il Maestro è presente, ti chiama». Il solo rendersi presente è chiamare a sé i suoi. Marta chiama la sorella di nascosto. Ella non vuole che i Giudei odano le sue parole; sa infatti che non amano Gesù e non lo accolgono come il Cristo. Maria subito si alza quando Gesù la chiama attraverso la sorella. A Marta basta l’annuncio della presenza di Gesù, Maria risponde se personalmente chiamata. 
 
Gesù si è fermato là dove Marta gli era andata incontro e non si affretta verso la casa delle sorelle, perché non vuole entrare in una casa in lutto. Se Gesù vi entrasse piangerebbe un morto che in Lui è vivo. Egli quindi fa uscire da quella casa Maria assieme a tutti coloro che in essa piangono il morto e sono venuti per consolare le sorelle. Fuori dal villaggio avvengono i misteri. Fuori della città il Signore viene ucciso sulla Croce ed è posto nel sepolcro per poi risorgere. Lazzaro è sepolto fuori del villaggio ed è qui che egli ritorna alla vita. Per questo tutti devono uscire e andare incontro al Signore se vogliono contemplare il Signore che dà la vita, essendo Egli la vita. Uscire significa rispondere alla forza di attrazione, che Egli esercita su di noi. 
 
Maria, nel suo alzarsi improvviso, trascina dietro a sé quei Giudei che sono con lei perché sono venuti a consolarla. Vi è un rapporto strettissimo tra Maria e questi Giudei che sono in casa con lei per consolarla. Costoro sanno di compiere un’opera buona, perciò non abbandonano un solo istante Maria. Poiché agiscono secondo la Legge, Maria li trascina al Cristo benché essi non lo sappiano. Pensano infatti che Maria vada al sepolcro per piangere là. Finché non conoscono Cristo, questi Giudei non possono pensare alla risurrezione. Chi non conosce Cristo, conosce la morte e il pianto a causa di essa; chi Lo conosce, benché cammini verso il sepolcro, non gusterà la morte ma avrà la vita. Più forte è l’amore per il Cristo e più si corre verso di Lui e più si trascina altri nella propria corsa. Il Cristo attrae a sé anche attraverso quei discepoli che Lo amano.
 
Maria dunque giunge nel luogo dove si trova Gesù, che la sta aspettando e, come Lo vede, cade ai suoi piedi. Come seduta ai suoi piedi aveva ascoltato la sua Parola, così ora ella cade ai suoi piedi per donare al suo Signore e Maestro la tristezza della propria anima. Prima Maria aveva ascoltato la Parola di Gesù come pioggia che irrora la terra, ora, prostrata davanti a Lui, effonde il suo lamento. Le sue parole si spengono nelle lacrime. Gesù vede il suo pianto e quello dei Giudei che sono con lei. La supplica silenziosa del pianto scuote Gesù nello spirito. Essendo uomo, Gesù ha uno spirito umano che prova contro la morte un forte senso d’ira che lo scuote tutto fino a rendersi manifesto. La presenza della morte, che gli ha strappato l’amico, provoca in Gesù questo fremito. Un fremito di compassione unisce tutti gli uomini. Questa situazione di morte in cui ogni uomo si trova, le sue lacrime impotenti, suscitano in Gesù, che ha voluto avere in comune con noi la carne e il sangue, un sentimento d’ira così forte che dallo spirito si ripercuote nel suo corpo, così da scuoterlo fortemente. L’ira di Gesù e il profondo sussulto che ne segue si manifestano con questa domanda: Dove l’avete posto? Egli sa dove si trova Lazzaro, perciò la sua domanda non nasce da ignoranza, ma dal suo spirito tutto fremente d’ira contro la morte e di amore per l’uomo. Il Figlio di Dio aveva posto l’uomo in un giardino di delizie e ora lo trova in un sepolcro.
 
Soggiogati dalla forza, i circostanti lo chiamano «Signore», invitandolo a seguirli: Vieni a vedere. Si forma così un corteo formato dalle sorelle, dai Giudei che hanno seguito Maria e infine dai discepoli di Gesù. Tutti vanno verso il sepolcro di Lazzaro. Durante il percorso Gesù piange. In questo momento ogni ostilità è spenta. Il dolore afferra tutti in questo cammino verso il luogo della morte. Sarebbe un tragitto senza speranza se Gesù non fosse con loro e non unisse alle loro le sue lacrime. Il suo pianto è la nostra redenzione. Poiché Gesù è con noi e mescola le sue lacrime alle nostre, allora questo tragitto diventa un sentiero di vita. Gesù viene al sepolcro per dare la vita ai morti. Tutti vediamo come Egli è l’unico che può scendere agli inferi, risalire e far salire coloro che la morte trattiene in suo potere.
 
Le lacrime di Gesù, unite a quelle di Maria e dei Giudei, fanno dire a questi ultimi: «Guarda come lo amava!». Essi constatano che Gesù amava intensamente Lazzaro. Le loro parole corrispondono a quelle iniziali delle sorelle: Colui che tu ami è ammalato (v. 3). Quando Lazzaro era in vita si diceva: Colui che tu ami; ora che è morto si dice: «Come lo amava!». Si attribuisce a Gesù lo stesso sentire nostro, mentre Egli ama i suoi sia in vita che in morte perché a Lui noi siamo sempre presenti. Piangendo, Gesù rivela che ancor più intensamente Egli ama i suoi e che la morte, anziché essere una separazione, diventa per Lui una sfida. Egli la vuole distruggere per sempre.
 
L’Evangelista descrive il sepolcro: Era una grotta e una pietra era posta sopra di esso. Come per il sepolcro del Signore, viene dato grande rilievo alla pietra posta sopra: essa sta a indicare che il viaggio verso gli inferi non ha ritorno. Con la sua immobilità la pietra annuncia il decreto irremovibile che solo il Cristo può annullare. Solo colui che ha varcato quella soglia, libero tra i morti (Sal 87,6), ed è risalito alla vita, può chiamare i morti alla vita dalla polvere della morte. Gesù comanda di togliere la pietra. I nostri padri hanno indagato sul senso mistico della pietra e sul comando di rimuoverla. Con la rimozione della condanna della Legge, la proclamazione evangelica è annunzio di risurrezione. Il Cristo inizia a strappare gli uomini da quella morte, che li ha paralizzati e tenuti schiavi del peccato. Una volta rimossa la pietra della Legge, i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro che l’avranno ascoltato vivranno (5,25).
 
Marta reagisce al comando di Gesù stupita del comando di Gesù perché lo interpreta come il desiderio del Maestro di vedere il corpo dell’amico. Ma questi, essendo ormai di quattro giorni, manda il cattivo odore della corruzione. Benché abbia professato che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, Marta si oppone al suo comando perché la sua fede non è ancora matura. La risposta di Gesù fa chiaramente comprendere a Marta che Egli non agisce così per piangere l’amico. Gesù invita Marta a restare salda in quella fede che ha professato. Credere è avanzare con Gesù e varcare la soglia della morte e, nella sua vittoria su di essa, vedere la gloria di Dio.
 
Come a Cana di Galilea i servi eseguirono il comando del Signore e riempirono le anfore di pietra, così ora, dopo che l’obiezione di Marta è superata, tolgono la pietra. Non sono nominati coloro che la tolgono. Come nel primo segno così nell’ultimo ricompare la pietra. Là essa trattiene in se stessa l’acqua della purificazione legale, qui sottomette tutti al dominio della morte. Finché non viene il Cristo, nessuno può togliere la pietra perché il peccato domina su tutti. Alla sua venuta, Egli comanda di togliere la pietra posta su coloro che sono morti. In che modo si toglie la pietra? Non certo abolendo la Legge ma portandola a compimento. Egli porta la Legge dalla lettera che uccide allo Spirito che dà vita. La pietra è tolta perché l’Evangelo risuona e la voce del Cristo richiama alla vita coloro che Egli ama, cioè coloro che ascoltano la Parola.
 
Padre, ti ringrazio perché mi hai ascoltato. Il Figlio, prima dell’evento, pronuncia le parole del ringraziamento. Quello che infatti sta accadendo nel tempo è già avvenuto nell’intimo mistero di Dio. Quello che Gesù sta compiendo ora, per propria potenza, è la risposta del Padre a quella richiesta che il Figlio fa nel momento in cui si rapporta con la sua morte e con la nostra. Gesù vive gli avvenimenti in modo pienamente umano e nello stesso tempo in modo pienamente divino. Il Figlio sa che il Padre sempre L’ascolta. Il suo relazionarsi di Figlio al Padre è obbedienza e richiesta secondo il disegno del Padre. Tutto in Lui è lode perché il Padre lo ascolta. Tutto in Gesù proclama che le opere da Lui compiute sono le opere stesse del Padre. Se ora Gesù esplicita il ringraziamento lo fa per la folla che Lo circonda. Nell’ascoltare infatti come Gesù ringrazi prima, perché è certo di essere esaudito dal Padre, quanti lo circondano non possono dubitare che Dio lo ha esaudito. Questo ultimo segno rivela Gesù come inviato dal Padre. 
 
Dalle parole di ringraziamento rivolte al Padre, Gesù passa al grido: A gran voce gridò. Questo grido scaturisce dal suo amore e dal suo pianto e termina nello strappare alla morte colui che Egli ama. Strappa non in modo generico i suoi alla morte, ma chiamando ciascuno per nome. Al comando del Cristo, colui che era morto uscì. Questi non uscì per forza propria ma in virtù delle parole di Gesù. I suoi piedi e le sue mani, infatti, erano legati con bende e il volto era avvolto dal sudario. Lazzaro si presenta avvolto ancora dai segni della sua sepoltura perché non si dica che è stato un altro a uscire come avevano provato di dire con il cieco nato. Lazzaro è vivo ma non può muoversi; per questo Gesù si rivolge a coloro che gli sono vicino dicendo loro: Scioglietelo e lasciatelo andare; togliete da lui le bende e il sudario perché libero del lino sepolcrale egli possa andare e testimoniare la sua risurrezione. La risurrezione di Lazzaro si colloca nel tempo presente come testimonianza data a Gesù che Egli è colui che dà la vita ai morti, essendo Egli stesso la risurrezione e la vita.
 
Per questo, come Gesù ha annunciato al capitolo 5, i nostri Padri nella fede hanno interpretato la risurrezione di Lazzaro come simbolo della nostra risurrezione dal peccato. Gesù ci chiama prima di tutto alla vita divina la cui piena manifestazione sarà la risurrezione dei nostri corpi. La stessa forza, che il Cristo manifesta nello strappare Lazzaro dalla morte, strappa coloro che ascoltano la sua voce, che risuona nell’Evangelo, dai sepolcri dei loro peccati. 
 
L’attenzione dell’evangelista è attratta dal gruppo di Giudei che sono venuti al sepolcro di Lazzaro dietro a Maria e hanno quindi veduto il segno compiuto da Gesù. Vedendo, molti di essi credono in Gesù. Questi Giudei hanno visto la sua azione visibile e hanno udito la sua voce, ma l’effetto del comando non appartiene all’uomo, bensì a Dio; per questo hanno creduto in Lui. La voce del Figlio di Dio li ha strappati alla loro morte e li ha portati alla vita strappando tutti i legami dell’incredulità. Infatti credere è cogliere l’unità inscindibile tra la voce di Dio, che opera meraviglie, e la voce del Cristo, che ha lo stesso potere del Padre.

 




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sonia de fatima batagin

26/03/2020 | 20:53

Belíssimo comentário.

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