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Lectio divina della II Domenica di Quaresima - Anno A

Inserita il: 05/03/2020

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Mt 17, 1-9
“E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole”
 
1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. 9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

CONTESTO E TESTO
Siamo al capitolo 17 del Vangelo di Matteo. Nel capitolo immediatamente precedente Matteo ci ha raccontato l’episodio della confessione di fede di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16) a cui segue il conferimento del primato a Pietro da parte di Gesù: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). Un reciproco riconoscimento tra Gesù e Pietro. Questa relazione così profonda tre i due e il clima che si è creato facilitano la confidenza di Gesù circa la sua imminente passione, morte e risurrezione. Ma Pietro non è ancora purificato nella sua fede e all’annuncio delle sofferenze di Gesù reagisce in modo del tutto carnale. Chiama in disparte Gesù e cerca di dissuaderlo da quella prospettiva, che egli giudica non conforme alle attese messianiche. C’è una nota di affetto e di preoccupazione tipica di chi è più anziano e conosce meglio la vita, ma non conosce ancora i pensieri di Dio. Gesù lo rimprovera fortemente: “Vattene dietro a me, satana, tu mi sei di inciampo, perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini” (v 23). E di seguito richiama a tutti gli altri le esigenze della sequela: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (v 24). Poi aggiunge qualcosa di molto misterioso: “Il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni. In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno” (vv 27-28). Ecco, in questo contesto Matteo colloca il racconto della Trasfigurazione.

FU TRASFIGURATO: IL TUO VOLTO, SIGNORE IO CERCO
Sei giorni dopo è una indicazione temporale molto rara in Matteo e probabilmente si riferisce al settimo giorno dopo la confessione di Pietro. Sei giorni è anche il tempo esatto in cui, secondo Es 24, 16, la gloria del Signore dimorò sul monte Sinai e il settimo giorno, Dio chiamò Mosè dalla nube. 
 
Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, quindi non tutti i 12 apostoli. Questi tre sono i primi chiamati da Gesù a seguirlo e Pietro è quello che è stato appena rimproverato, per la sua visione sbagliata del Messia. Questi tre saranno presenti anche in altri momenti della vita pubblica di Gesù ed esattamente al momento della risurrezione della figlia di Giairo (Mc 5, 37) e al Getsemani (Mt 26, 38). 
 
Anche Mosè sale sul monte Sinai con Aronne e i suoi due figli: Nadab e Abiu (Cf Es 24, 1 e seguenti), tutti gli altri rimangono ai piedi del monte. Così si può supporre che gli altri discepoli di Gesù siano rimasti ai piedi del Tabor. È il mistero delle scelte di Dio, che non fa torto a nessuno, ma che sempre quando concede un dono chiede anche una maggiore responsabilità. Pietro nella sua seconda lettera darà proprio la testimonianza sull’evento della trasfigurazione per esortarci alla fede in Gesù, figlio di Dio fatto uomo nel cuore della storia umana: “16Infatti, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. 17Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». 18Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte” (2Pt 1, 16-18).
 
Il santo monte di cui qui si parla, secondo la tradizione accreditata da san Cirillo di Gerusalemme e da san Girolamo, è il monte Tabor, che si trova in Galilea, situato all’estremità della pianura di Esdrelon a circa 20 km a sud ovest del lago di Tiberiade e, in linea d’aria, a 7 km a sud ovest di Nazareth. Esso si erge solitario a 660 metri di altezza. Fu trasfigurato è un verbo al passivo che indica che la trasfigurazione è opera del Padre, non è una visione ma una teofania, una vera e propria manifestazione della gloria di Dio. Nella carne mortale di Gesù si rende visibile la bellezza divina del Figlio, la gloria stessa del Padre. E’ la luce della gloria di Dio che si manifesta  e illumina tutta la realtà. 
 
E il suo volto brillò come il sole. La più luminosa delle creature, il sole, cede il suo splendore davanti a Cristo, ed è in questa luce che noi possiamo vedere l’invisibile. “In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” dice il prologo del Vangelo di Giovanni: alla sua luce vediamo la luce (cf Salmo 36,10). “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12), la luce della vita è la fede, che è la luce più adeguata per “vedere” il mondo, gli avvenimenti, la storia, la nostra vita con gli occhi stessi di Dio. La fede infatti non è cambiare gli occhi, illudersi o uscire dalla realtà, ma è lasciarci illuminare dalla luce stessa di Dio, che ci rivela il significato della vita e della storia nel Suo disegno di salvezza.
 
Il Volto radioso di Gesù illumina il nostro volto e noi siamo riconosciuti nella bellezza della figliolanza divina, che Gesù stesso ci ha donato. E’ un incontro di volti luminosi che lasciano trasparire la bellezza di Dio. “Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire” (cfr Salmo 34, 6). Anche Mosè quando scese dalla santa montagna, il Sinai, aveva la pelle del suo volto raggiante perché aveva conversato con Dio (Cf Es 34, 29), al punto che gli Israeliti mettevano un velo sul suo volto per non essere abbagliati da quella luce. In chi contempla Dio c’è una irradiazione della luce divina; perché noi diventiamo ciò che contempliamo, per questo è molto importante valutare bene su dove si posa il nostro sguardo: se vediamo cose brutte o stupide anche il nostro volto, il nostro cuore rifletteranno quella tenebra e di conseguenza modelleranno i nostri pensieri e sentimenti, modelleranno la nostra vita. Dobbiamo scegliere: chi e che cosa vogliamo contemplare? 

MOSÈ ED ELIA
Accanto a Gesù, i discepoli vedono Mosè ed Elia, i due grandi profeti che hanno incontrato Dio sul Sinai  (cf Es 24; 1Re 19). Noi possiamo contemplare il Signore nelle divine Scritture: “Chi contempla il Signore con l’occhio interiore illuminato dalla sua luce, quando ascolta le divine Scritture, le comprende come Parola che di Lui e con Lui parla, e vede Mosè ed Elia nella gloria poiché lì sono una cosa sola con Gesù” (Origene).
 
Gesù si intrattiene in dialogo con le due figure più rappresentative dell’antica alleanza: Mosè che rappresenta la Legge ed Elia che rappresenta i Profeti. Matteo non dice l’argomento del loro dialogo, mentre Luca ci informa che parlavano dell’«esodo» di Gesù che stava per compiersi a Gerusalemme, cioè della sua passione e morte (Cf Lc 9, 31). Questo indica che la trasfigurazione ha un legame strettissimo con l’evento più sconcertante della storia evangelica: la morte di Gesù. Certamente doveva servire a sorreggere la fede dei discepoli nel momento della crisi.
 
Impulsivo e imprevidente, ma coraggioso come sempre, Pietro osa intromettersi nel discorso e dice a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui!”. Lo chiama «Signore», termine che esprime l’invocazione piena di fede e di adorazione dei discepoli di Gesù dopo la sua risurrezione, e rivela la gioia per l’occhio di vedere e per l’orecchio di udire i misteri di Dio. Pietro vuole prolungare nel tempo questo momento così bello, perché pensa che siamo all’inizio della gloria messianica che finalmente comincia a manifestarsi e si offre a costruire tre tende. La tenda, in greco: «σκην%u03AE» (schenè), rievoca la sacra tenda dell’Antica Alleanza, luogo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo (Cf Es 25, 8). Ma la Gloria di Dio, che in Cristo si manifesta, non può abitare in una tenda fatta da mano d’uomo e tanto meno fermarsi in essa.

TU SEI IL FIGLIO MIO, L’AMATO!
Ecco il cuore del nostro brano evangelico, il cuore della teofania, che è sempre una teofania Trinitaria, come al Battesimo di Gesù. Si manifesta il Padre nella voce, lo Spirito nella nube luminosa e il Figlio che è Gesù trasfigurato. La nube luminosa che copre con la sua ombra Gesù, Mosè ed Elia, richiama ancora una volta la teofania del Sinai (cf Es 24, 26) ed anche la nube che accompagnava gli Israeliti nel cammino dell’Esodo (cf Es 13, 21-22). Nell’annuncio a Maria, l’Angelo la rassicura che il figlio che nascerà da lei sarà opera dello Spirito santo, quasi con le stesse parole: “34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.” (Lc 1, 34-35). La nube è segno della potenza dell’Altissimo che copre Maria con la sua ombra e avvolge Gesù trasfigurato e i due profeti. La voce che consacra Gesù: Figlio amato, invita i discepoli all’ascolto. La parola divina termina con un comando: ascoltatelo! Gesù è la Parola del Dio vivente e tutta la Scrittura è testimonianza della sua figliolanza divina. Ascoltare Gesù vuol dire ascoltare il Padre e ogni Parola che esce dalla sua bocca. La voce del Padre rende testimonianza al Figlio amato (Gen 22) che è anche il Servo in cui si compiace (Is 42). “Tu sei mio figlio” (Sal 2, 7).
 
Avendo ascoltato la voce, i discepoli caddero sul loro volto, prostrandosi in adorazione, con quello stupore che genera il timore di Dio. Il timore di Dio è uno dei sette doni dello Spirito santo, non è la paura, ma è il sentimento della distanza tra Dio e noi, che in quel preciso momento viene colmata e suscita la devozione che ci converte. È la tipica reazione provocata nell’uomo all’improvviso manifestarsi del mondo celeste.
 
Gesù si avvicina ai discepoli prostrati in adorazione, li tocca e li invita ad alzarsi e a non temere perché la Parola di Dio è forza e consolazione. Infatti davanti a Dio che si rivela e parla, la persona è talmente penetrata dalla presenza divina che sembra uscire da questo mondo: E’ l’esperienza mistica dei santi. I discepoli alzando gli occhi non vedono più nessun altro all’infuori di Gesù solo. Vedono solo Lui ma dentro il cuore hanno la visione della gloria e ai loro orecchi risuona la voce divina, quella voce che faranno risuonare nella loro missione, sino ai confini del mondo (Cf Mt 28, 19-20).
 
Gesù rimane solo, perché solo in Lui c’è salvezza, come dirà Pietro: “11Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. 12In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati” (Atti 4,12). Matteo così conclude il suo racconto:
 
Siamo di fronte a una rivelazione del mistero di Gesù, Figlio di Dio, che esige, per il momento, il silenzio perché i cuori non sono ancora pronti ad accogliere l’amore di Dio, che si manifesterà nella sua pienezza nella croce e nella risurrezione. Solo quando Gesù muore sulla croce, finalmente gli uomini capiscono che è il Figlio di Dio, secondo l’espressione del centurione romano: “Veramente costui era Figlio di Dio” (Mt 27, 54), e solo quando Gesù sarà deposto dalla croce finalmente qualcuno, Giuseppe d’Arimatea e le donne sempre fedeli, lo circondano di tenerezza, in risposta al suo amore. Amore che dispone il cuore ad accogliere il mistero della risurrezione.

IN ASCOLTO DEI PADRI NELLA FEDE
“Ecco le realtà meravigliose della solennità presente, ecco il mistero di salvezza che trova compimento per noi oggi sul monte, ecco ciò che ora ci riunisce: la morte e insieme la gloria del Cristo. Per penetrare il contenuto intimo di questi ineffabili e sacri misteri insieme con i discepoli scelti illuminati da Cristo, ascoltiamo Dio che con la sua misteriosa voce ci chiama a sé insistentemente dall’alto. Portiamoci là sollecitamente. Anzi, oserei dire, andiamoci come Gesù, che ora dal cielo si fa nostra guida e battistrada. Con lui saremo circondati di quella luce che solo l’occhio della fede può vedere. La nostra fisionomia spirituale si trasformerà e si modellerà sulla sua. Come lui entreremo in una condizione stabile di trasfigurazione, perché saremo partecipi della divina natura e verremo preparati alla vita beata. Corriamo fiduciosi e lieti là dove ci chiama, entriamo nella nube, diventiamo come Mosè ed Elia, come Giacomo e Giovanni. Come Pietro lasciamoci prendere totalmente dalla visione della gloria divina. Lasciamoci trasfigurare da questa gloriosa trasfigurazione, condurre via dalla terra e trasportare fuori del mondo”. 
(Dal "Discorso tenuto il giorno della Trasfigurazione del Signore" da Atanasio sinaita, vescovo)

 




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Edit Fassano

07/03/2020 | 21:26

Hermoso este comentario ,me llego mucho la parte que dice: nos convertimos en lo que contemplamos..mirar bien dónde se detiene nuestra mirada. Escuchar a Jesús quiere decir escuchar al Padre.muy bello todo.gracias hermanas.

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