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Lectio divina della Solennità di Gesù Cristo Re dell’universo - Anno C

Inserita il: 23/11/2019

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Lc 23, 35-43
“Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”

 
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». Gli rispose (Gesù) «In verità io ti dico: Oggi sarai con me nel paradiso».

 
 
 
 
CONTESTO E TESTO
Si conclude l’anno liturgico con la solennità di Gesù Cristo, Re dell’universo, e la Parola di Dio ci pone in contemplazione del mistero della Croce. Un Re Crocifisso, che regna in modo del tutto opposto alle logiche dei regni umani. Il contesto è quello della passione del Signore, nel racconto di Luca, un racconto ricco di particolari in cui viene messa in luce la fede della comunità cristiana che contempla il suo Signore Crocifisso. E’ il Signore, è il Re, Colui che regna dalla croce, amando e perdonando i suoi persecutori e chiamando al suo Regno tutti coloro che lo riconoscono Salvatore e vogliono vivere e morire con Lui e come Lui.
 
Il contesto più remoto ci richiama il momento delle tentazioni nel deserto, (Lc 4, 1-13) all’inizio della vita pubblica di Gesù, quando Gesù viene messo alla prova dal diavolo e vince, mentre Luca annota, che il diavolo “dopo aver esaurito ogni specie di tentazione si allontanò da Lui per ritornare al tempo fissato” (v. 13). Ed ecco ora il tempo fissato: il momento della crocifissione e della morte di Gesù. La prima lettura tratta dal 2° libro di Samuele ci ricorda che il compito primario del Re di Israele è di pascere il popolo come un pastore, avendone cura spirituale e materiale. Paolo nella lettera ai Colossesi ci invita a contemplare il Signore, Re dell’universo che porta a compimento la storia riconciliando gli uomini con Dio, dopo la rottura del peccato delle origini.

IL RE CROCIFISSO CHE REGNA PERDONANDO
Gesù giunge al luogo del suo supplizio in compagnia di due malfattori, condannati alla stessa pena, la crocifissione, che Cicerone chiamava “mors turpissima crucis” L’orribile morte di croce! E invece da questo orrore viene fuori la voce dolcissima di Cristo che perdona i suoi carnefici e persino li scusa davanti al Padre, perché non sanno quello che fanno. Dall’orrore esce la bellezza del perdono e della misericordia! Questo è successo spesso nella storia delle persecuzioni: a partire da Stefano che muore perdonando sino ai martiri dei campi di concentramento nazisti e dei Gulag sovietici o cinesi e sino ai nostri giorni, in Irak e Pakistan. E’ proprio un dono della fede nella regalità di Cristo che al momento della massima bruttezza del male sboccia la massima bellezza dell’amore che salva e redime anche i persecutori. Cristo regna vincendo il male con il bene. E’ proprio un altro mondo, un altro modo di stabilire relazioni, un altro modo di vivere e morire, un altro Regno, il regno di Dio, il Regno di Cristo!
 
L’espressione “il popolo stava a vedere” non indica passività perché il verbo greco θεωρ%u03ADω teoréo, significa vedere, osservare, ma anche sperimentare quello che si vede. In questo popolo che contempla il Crocifisso con tale partecipazione Luca vede la comunità cristiana che partecipa alla passione di Gesù. Qualche versetto più avanti, quando ormai Cristo è morto in croce, Luca ripete lo stesso verbo aggiungendo una nota di pentimento: “Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo (θεωρíα teoria in greco), ripensando a quanto era accaduto se ne tornava battendosi il petto” (v 48).
 
“I capi invece lo deridevano” e notiamo che lo fanno con lo stesso stile del diavolo durante le tentazioni nel deserto: qui le tre categorie di persone che insultano Gesù in croce: i capi, i soldati e il ladrone impenitente, sembrano ricalcare il senso globale delle tre tentazioni: la tentazione dell’autosalvezza. Anche il diavolo dice a Gesù la stessa cosa: salva te stesso, dimostra di essere il Figlio di Dio, il Cristo di Dio, l’eletto di Dio. Se sei il Figlio di Dio fa che queste pietre diventino pane! Se sei il Re dei giudei, salva te stesso! Se vuoi regnare su questo mondo, che è mio, prostrati in adorazione davanti a me! Se sei il Figlio di Dio, gettati giù! Scendi dalla croce! L’autosalvezza è anche la nostra perenne tentazione. Ma Gesù è re non perché salva se stesso ma perché è il Figlio che affida al Padre la sua sorte e così facendo salva noi. Egli per amore prende su di sé tutto il male del mondo e la stessa morte, che ne è il frutto amaro.
 
Potrebbe essere una buona meditazione leggere in parallelo il racconto delle tentazioni e questo della Crocifissione, vi potremmo cogliere lo spessore e la novità della regalità di Cristo! 
 
Offrire dell’aceto ad uno che è febbricitante è proprio il massimo della crudeltà e dello scherno, perché la sete diventa insopportabile e con l’aceto non potrebbe che crescere. Qui c’è un richiamo al salmo 69, 21-22: “L’insulto ha spezzato il mio cuore e mi sento venir meno. Mi aspettavo compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati. Mi hanno messo veleno nel cibo e quando avevo sete mi hanno dato aceto” e anche al Salmo 22, 16: “Arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato, mi deponi su polvere di morte”. Gesù viene schernito nella sua sofferenza e nella sua dignità di persona, di Messia, di Re dei Giudei, appunto. Re dei Giudei è detto e scritto sulla croce, con una nota di disprezzo.
 
Questi due ladroni rappresentano la nostra realtà di creature contraddittorie e sottoposte alla tentazione: dentro di noi c’è sia il primo che il secondo ladrone, crocifissi con Gesù. In noi si combattono incredulità e fede, autosalvezza e affidamento a Dio. E’ la lotta spirituale tra l’uomo vecchio, che in noi non è ancora morto del tutto e l’uomo nuovo, nato dal Battesimo, che si rinnova di giorno in giorno. (Cf Ef 4, 20-24), ma non è ancora giunto alla piena maturità.
 
Tocca a noi decidere a chi dare la precedenza nella nostra vita: se all’imprecazione nella ribellione o all’invocazione nella conversione. Il primo ladrone dà voce alla parte oscura della coscienza che si immagina la salvezza solo come autosalvezza, in pieno accordo con gli avversari di Gesù. E’ la scelta dell’incredulità, della disperazione e dell’abbandono al male, percepito come ineluttabile: è un sistema chiuso, un cuore che non si apre all’inedito e conduce alla disperazione. 
Il secondo ladrone fa prevalere un barlume di fede, forse piccolo come un granello di senape, tra le fitte tenebre del cuore e si apre alla conversione, alla fede e alla speranza: è un sistema aperto che riconosce la possibilità dell’impossibile e apre gli occhi sul mistero di Gesù, l’innocente condannato ingiustamente. E lo chiama per nome: Gesù, affidandosi alla sua regalità: “Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo Regno!” Questo ladrone riconosce, forse intuisce, che quel giusto, ingiustamente sofferente, esprime una regalità il cui potere supera quello della morte e del male. Nonostante sia condannato alla stessa pena, Gesù è un re vittorioso, un re che dona la salvezza. Nel ladrone, denominato dalla tradizione “buono”, l’incredulità e la disperazione vengono vinte dalla fede e la sua fede lo ha salvato. Ha invocato il Nome che è al di sopra di ogni altro Nome, perché solo nel suo Nome: Gesù, c’è salvezza. (Cf Fil 2,9-11). Ladrone beato, che ruba il paradiso!
 
Gesù, il Re della gloria, lo porta con sé, nel suo regno e glielo promette con un solenne giuramento: in verità io ti dico!
Se vogliamo entrare nel Regno del Signore Crocifisso invochiamo la grazia di poterci affidare a Lui nell’ora suprema della tentazione e della morte. Con Lui certamente entreremo nel Regno del Padre, preparato sin dalla fondazione del mondo per chi è vissuto con Cristo nell’amore, nella carità.

IL RE DELLA GLORIA
Gesù è Re, ma non di questo mondo (Cf Gv 19, 36). “Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re: per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce»” (Gv 19, 37). Il fondamento della sua regalità è l’Amore del Padre, la sua figliolanza divina: “Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa” (Gv 3, 35).
 
Sin dall’annuncio della sua nascita l’Angelo ci informa che Gesù è Re: “Non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1, 31-33). All’ingresso in Gerusalemme, Gesù sarà acclamato re dalla folla: “Benedetto colui che viene, il Re, nel nome del Signore” (Lc 19, 38). Ma la sua regalità si manifesterà pienamente solo sulla croce: “«E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire” (Gv 12, 32-33).
 
Ma Gesù non si presta all’equivoco della folla che pensa a un re di questo mondo, un conquistatore del potere e un vincitore dei romani con la violenza e la guerra (Cf Gv 18, 10-11) e nemmeno si presta ad avvallare l’immagine di un re che rende la vita una passeggiata senza alcuna fatica: “Allora la gente, visto il segno (la moltiplicazione dei pani) che aveva compiuto diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo”». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo” (Gv 6, 14-15).
 
La sua vera regalità si manifesta pienamente sulla Croce, al momento in cui, per salvare l’umanità, consegna la sua vita nelle mani del Padre: “Padre, nelle tue mani, consegno il mio Spirito” (Lc 23, 46). Questo Figlio Crocifisso per amore è il Re della Gloria, colui che ha vinto in se stesso la morte e ci ha ridonato la vita: “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio, notte e giorno” (Ap 12, 10). E ancora: “L’Agnello che è stato immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione (…) A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli” (Ap 5, 12-13). Pregheremo questa acclamazione nell’antifona di ingresso della celebrazione Eucaristica.
 
E all’inizio nel libro dell’Apocalisse è messa in luce la nostra partecipazione alla regalità del Signore Gesù: “(Grazia a voi e pace) da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a Lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Ecco viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Si, Amen!” (Ap 1, 5-7). Il libro dell’Apocalisse, che chiude l’intera Bibbia, si conclude così: “«Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine. (…) Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino». Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni, Signore Gesù!» Maranatha!”. 
 
Si, vieni presto Signore Gesù! È questa la preghiera che ci accompagnerà per tutto il tempo dell’Avvento che sta per iniziare. Tempo che ci prepara al ritorno finale del Signore e non solo alla Sua Natività nel tempo della storia. 

 




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