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Lectio divina della XXXIII Domenica del Tempo ordinario - Anno C

Inserita il: 15/11/2019

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Lc 21, 5-19
“Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”
 

In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

CONTESTO E TESTO
Questa XXXIII è l’ultima domenica del tempo ordinario, la prossima sarà la festa di Cristo Re e poi inizieremo il tempo di Avvento. Il contesto è ancora quello escatologico che vuole prepararci alla conclusione della storia e alla conclusione della nostra vita in questo mondo. Non per avere paura, ma per ricevere la consolazione dello Spirito Santo: il Signore viene e noi vogliamo accoglierlo con amore.
 
Nel Vangelo, Luca ci racconta il momento in cui molti ammirano le belle pietre di cui è fatto il tempio di Gerusalemme, e si sentono sicuri di se stessi, ma Gesù guardando nel futuro dice che del tempio non rimarrà pietra su pietra. Ma “quando” e “come” avverrà questo? È la curiosità dei contemporanei di Gesù, ma è anche la nostra curiosità nei confronti del futuro nostro e del mondo. Attenzione però a non lasciarci ingannare da previsioni azzardate. C’è comunque un segno che ci aiuta a prepararci ed è la persecuzione a causa di Gesù che siamo chiamati a vivere, e allora avremo modo di rendergli testimonianza, senza paura, perché nemmeno un capello del nostro capo andrà perduto.

IL TEMPIO BELLISSIMO DI GERUSALEMME
L’insegnamento nel Tempio è concluso, ora Gesù pronuncia la sentenza su di esso. Questa è provocata dalle parole di ammirazione di alcuni. Secondo Matteo sono i discepoli (24,1) e secondo Marco uno dei discepoli (13,1).
 
Il Tempio è simbolo della pietra angolare di questa creazione, è al tempo di Gesù è considerato il perno del popolo, è ammirato anche dai pagani. Tempio che era stato rinnovato da Erode il Grande, nel 19 a.C., in modo così sontuoso da destare la meraviglia; è il luogo non dominato dalle Genti, garanzia di libertà per Israele. Nonostante questo, la sua sorte è segnata perché, in ordine alla salvezza, è terminata la sua funzione. Il Signore pronuncia il giudizio sul Tempio: la sua Parola lo ha fondato e ora lo distrugge. Lo stesso avviene per questa creazione, come è scritto in 2Pt 3,5-7. Vi è perciò una contrapposizione tra ciò che si vede ed è transitorio e ciò che non si vede ed è eterno. 
 
La domanda è duplice, ma può essere espressa come unica: quando sarà distrutto e quale sarà il segno che annuncia la fine del Tempio? Con segno qui s’intende ciò da cui è possibile riconoscere l’imminenza dell’evento specificamente indicato. 

LA SEDUZIONE DEI FALSI PROFETI
Rispose: Badate di non lasciarvi ingannare in greco planestete che significa sedurre ed è in riferimento alla “grande seduzione” di cui parla l’Apocalisse (Ap. 2,20; 12,9; 13,14). La seduzione, in greco planào, è il pericolo più grave per i discepoli perché li inganna e li induce all’errore. Ma il Cristo ci separa dal resto degli uomini, che subiscono questa seduzione. Sono i falsi cristi e i falsi profeti gli artefici di essa e la manifestano attraverso segni e prodigi come già annuncia il Deuteronomio (13,2-6).
 
Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io” e “il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Il segno è Lui, Gesù, che dichiara di se stesso: Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine (Ap 22,13).
 
All’unico segno si contrappongono i molti che vogliono usurpare la sua potenza (il Nome) e ripetono le sue parole nelle quali Egli si rivela (Sono Io). Gesù annuncia il compimento del tempo (il tempo è vicino oppure: si è avvicinato cfr. Mc 1,15: il regno di Dio si è avvicinato) ed esige la sequela. Più che cercare dei segni (cfr. 1Cor 1,22) i discepoli devono restare saldi nella fede in Lui.
 
Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Il secolo presente è sconvolto dalle guerre e dalle rivoluzioni nel suo svolgersi storico e coloro che le vivono sono terrorizzati. I discepoli sanno che questo è l’inizio dei dolori del parto (cfr. Mc 13,8) cui succederanno i cieli nuovi e la terra nuova. Per questo aggiunge: Perché prima devono accadere queste cose, ma non è subito la fine. È importante questa distinzione tra i segni e la fine del mondo. Perché ci sarà dato prima il segno più eloquente: la morte e la risurrezione di Gesù, la sua e la nostra pasqua.
 
Poi diceva loro, il discorso ora è ripreso e approfondito. La fine di Gerusalemme sarà caratterizzata da segni premonitori, che riguardano i popoli, la creazione terrestre e quella celeste. In tal modo Gerusalemme diviene prototipo del mondo: così come quando è scardinata la pietra di questa creazione e tutto l’edificio crolla per lasciare il posto alla pietra disprezzata dai costruttori che è diventata pietra angolare.
 
Tutto questo provoca lo sconvolgimento della pace umana: si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno. La stessa natura è sconvolta. Nella guerra contro Gog e Magòg in Ezechiele è scritto: In quel giorno ci sarà un gran terremoto nella terra d’Israele (38,19). Il linguaggio di Ezechiele è apocalittico perché Gog è la grande potenza, che potrebbe essere, nel suo tempo, Nabucodonosor e Magog indica il territorio su cui pesa questa potenza: sono nomi simbolici. Nel libro di Geremia si annuncia spesso la carestia come segno dell’imminente fine di Gerusalemme.
 
Vi saranno fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Questi segni celesti iniziano con la morte del Signore: il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra (Lc. 23,44) ed è squarciato il velo del tempio (23,45). Inoltre, mentre è squarciato il velo del santuario terrestre è pure squarciato il velo di quello celeste, che è la carne del Signore. Infatti il vero e unico segno è la carne martoriata del Signore sulla croce. Questo martirio continua nei suoi discepoli e opera il giudizio divino su quelli che rifiutano la salvezza.

LA PERSECUZIONE SARÀ L’OCCASIONE PER DARE TESTIMONIANZA A CRISTO
Al v. 12 cogliamo che Luca, a differenza di Matteo e di Marco pone una distanza tra i segni e la fine vera e propria, quando Gesù dice: Ma prima di tutto questo” c’è un prima e c’è un dopo. “Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno” come stavano facendo in quel momento con Lui (20,19) e come è attestato negli Atti (4,3; 5,18; 12,1; 21,27). Mettere le mani sopra è un gesto sacrificale: è il gesto di Abramo su Isacco (Gn 22,12); ed è, quando si offre un sacrificio il primo gesto di chi adocchia la vittima ed è l’ultimo di chi sacrifica. 
 
Anche la persecuzione è un segno eloquente che serve a rendere testimonianza (in greco martyrìa) a Gesù. Un segno che testimonia l’amore di Cristo, che ha donato se stesso per la nostra salvezza, per questo il martirio dei discepoli è a “causa del Suo Nome”, è una testimonianza compiuta con gioia.
 
I discepoli subiscono questa persecuzione non solo da parte d’Israele (sinagoghe), ma anche dai pagani (re e governatori). In questo vi potrebbe essere un accenno oltre che al processo di Gesù, all’esperienza personale dei primi cristiani (At 16,19ss; 17,6ss; 18,12ss; ecc.; cfr. inoltre 1Cor 15,32). L’unità profonda, la comunione tra il Cristo e i suoi discepoli rivela perché questa persecuzione è a causa del suo Nome.
 
Di fare cioè la vostra professione di fede come dice l’Apostolo Paolo del Signore Gesù: “Che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato” (1Tm 6,13). C’è anche chi sottolinea l’aspetto missionario della testimonianza nella persecuzione: “Frattanto quelli che erano stati dispersi per la persecuzione sopraggiunta al tempo di Stefano, arrivarono sino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia” (At 11,19). La persecuzione diventa di fatto un’occasione per annunciare il Vangelo e testimoniare la salvezza del Signore Gesù. ”La mano del Signore era con essi e un gran numero credette e si convertì al Signore”. (Atti 11, 21)
 
Viene descritto il processo, quello della testimonianza nella quale non c’è bisogno di preparare la propria difesa perché sarà lo Spirito a suggerire al momento le parole giuste. Egli ripete il comando che ha fatto in 12,11: Mettetevi dunque in mente questa espressione richiama fortemente l’attenzione a quanto sta per dire: di non preparare prima la vostra difesa perché non è un processo che si basi su persuasivi discorsi di sapienza umana (cfr. 1Cor 2,4), ma è la testimonianza di Gesù, cioè lo Spirito di profezia che parla in noi. (Ap 19,10). Come infatti a Mosè (Es 4,11), così ai discepoli il Cristo dà parola e sapienza cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. La sapienza qui non è soltanto la sophìa propria della mente umana, ma è la sophìa , la sapienza sublime della Croce di Cristo, la suprema follia che esprime la divina sapienza dell’Amore gratuito e fedele.
 
Nei discepoli di Cristo che sono perseguitati si manifesta il giudizio divino che confonde e svergogna quanti si infuriano contro di Lui (Is 45,16). Se la testimonianza appare come giudizio su coloro che rifiutano la Parola, essa è annuncio di salvezza per coloro che l’accolgono. Nessuno può fare resistenza alla Parola, come documenta il libro degli Atti.
 
Chi segue Gesù sino in fondo sperimenterà il tradimento più doloroso: quello dei genitori, dei fratelli, dei parenti e degli amici. Così come Gesù è stato tradito e rinnegato da due dei suoi apostoli. Sono parole molto dure già dette precedentemente da Gesù: “Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, dico a voi, ma la divisione. D’ora in poi, se in una famiglia vi sono cinque persone, si divideranno tre contro due e due contro tre, il padre contro il figlio e il figlio contro il padre, ecc.” (Cfr Luca 12,51-53) Qui Gesù cita il profeta Michea 7,6. Il linguaggio apocalittico si ispira sempre ai profeti.
 
È l’annuncio della risurrezione, che assicura la vittoria della vita contro la morte, la vittoria del bene contro il male, come è detto in 2Mac 7,22-23.
 
Il tempo della persecuzione sarà lungo perciò è necessaria la perseveranza, in greco ypomoné cioè pazienza, sopportazione, capacità di restare sotto il peso della croce senza fuggire, proprio come ha fatto Gesù. La comunità dei discepoli del Signore che non fugge di fronte alla croce potrà sperimentare la consolazione dello Spirito, e avere in dono la virtù teologale della Speranza.
 
Perseveranza o pazienza è la capacità di perseverare nella tribolazione in virtù della speranza che ci fa contemplare il Regno operante in mezzo a noi e in virtù dell’Amore che è stato effuso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo (cfr. Rm 5,1-5).

CON LA SPERANZA E LA CARITÀ DEI NOSTRI PADRI NELLA FEDE
“Tralascia completamente ogni sospetto che si muova nel cuore contro qualcuno, perché è cosa che distrugge carità e pace. Accogli generosamente ogni disgrazia che sopraggiunge dal di fuori, poiché ti procura la pazienza salutare, quella pazienza che dona dimora e riposo nei cieli. Così, compiendo i tuoi giorni, vivrai nella vita presente di buon animo, rallegrandoti con le beate speranza e, nel tuo esodo, passerai dalle realtà di quaggiù con sicura confidenza e giungerai ai luoghi del riposo che il Signore ti ha preparato, rendendoti la mercede delle fatiche di qui, per regnare con Lui. Al quale conviene ogni gloria, onore, adorazione, insieme all’eterno suo Padre e al santissimo, buono e vivificante suo Spirito, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen”.
(San Teolepto di Filadelfia, La Filocalìa, III volume, p. 509. Gribaudi, 2001)

 




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