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Lectio divina della XXVIII Domenica del Tempo ordinario - Anno C

Inserita il: 11/10/2019

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Luca 17,11-19
“Alzati e va’, la tua fede ti ha salvato”
11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: 19«Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

CONTESTO E TESTO
Il tema che unisce le letture di questa 28° domenica è espresso molto bene nel versetto dell’alleluia: “In ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi”. La volontà del Padre verso di noi è la stessa di quella del Figlio Gesù: rendere grazie per ogni cosa. Si tratta di chiedere il dono di una “mentalità eucaristica”, cioè una mentalità che continuamente e di ogni cosa rende grazie. Nell’Eucaristia il Figlio rende un perenne “rendimento di grazie” al Padre. E noi con Lui.
 
Per questo la comunità cristiana è chiamata a “rendere grazie” solennemente in ogni domenica, nel giorno del Signore, unita a Cristo che offre se stesso al Padre. E’ la gratitudine a Dio per i suoi innumerevoli benefici, il primo fra tutti l’averci donato il Figlio, come nostro Fratello e Salvatore.
 
La prima lettura tratta dal secondo libro dei Re, ci racconta l’episodio della guarigione dalla lebbra di Naamàn il Siro, da parte del profeta Eliseo. Egli, uno straniero, torna a rendere grazie riconoscendo la signoria del Dio di Israele: “Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele”, è un pagano che fa una bellissima professione di fede. Il salmo 97 ci invita a cantare al Signore con gioia perché ha compiuto meraviglie. E la seconda lettura, tratta dalla seconda lettera di Paolo a Timoteo, ci raccomanda di fare sempre memoria di Cristo Risorto, uniti a Lui nella morte e nella vita: con Lui regneremo perché possiamo contare sulla sua indefettibile fedeltà.
 
Nel Vangelo Gesù guarisce dieci lebbrosi, ma solo uno di essi, uno straniero, torna indietro per dire grazie, e così facendo non solo riceve la guarigione fisica ma riceve un dono più grande: la salvezza. Gesù infatti gli dice: “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato”. Nella gratitudine è espressa la gratuità della fede! Gesù ci presenta così, come modello di vita evangelica, proprio un samaritano che era considerato un pagano. Rendere grazie è l’espressione più alta della nostra fede e del nostro amore. 
 
GESÙ ATTRAVERSA LE STRADE DELLA NOSTRA VITA
Lungo il cammino verso Gerusalemme, tutto protende a quel momento e a quell’entrata. Anche la guarigione dei dieci lebbrosi è finalizzata a questo. Durante questo cammino Gesù si carica delle nostre infermità, come è scritto nel Canto del Servo: Egli prese le nostre malattie e le nostre infermità portò (cfr. Mt 8,14-17).
 
Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Perché Luca nomina prima la Samaria se geograficamente viene dopo? Solo chi stando a Gerusalemme si volge indietro per mirare la via che vi conduce, può scrivere come Luca: attraverso la Samaria e la Galilea ... La Samaria è il ponte su cui la Parola di Dio giunge dalla Galilea a Gerusalemme e su cui essa viene inviata da Gerusalemme ai territori pagani. Possiamo dire che la Samaria è nominata per prima non per ragioni geografiche ma teologiche come appunto rivela anche questo racconto.

E GUARISCE LE NOSTRE MALATTIE
Gli vennero incontro dieci lebbrosi perché desiderano la sua misericordia, che si fermarono a distanza a causa della loro impurità che li separava da Cristo, il Santo di Dio. La legislazione registrata nel libro del Levitico 13,45-46 esige che il lebbroso gridi: «immondo, immondo» in modo che nessuno possa essere contagiato e si renda impuro per colpa sua. Ma questi lebbrosi dissero ad alta voce non quello che ordinava la Legge: «impuro, impuro griderà» (Lv 13,45) ma la propria fiducia verso Gesù: “Gesù maestro, abbi pietà di noi!”. La Legge fa gridare la propria infermità, la fede ottiene quello che chiede nella preghiera fiduciosa.

Appena li vide, anche se lontani, Gesù esaudisce la loro preghiera, perché l’orazione li ha avvicinati come è scritto nel Salmo 144: vicino è il Signore a coloro che lo invocano nella verità. 
 
Gesù disse: Andate a presentarvi ai sacerdoti. Sono ancora lebbrosi e prima di guarirli li manda; alla supplica fatta con fede, fa seguire le opere della fede in cui la Legge viene adempiuta. E mentre essi andavano furono purificati dalla potenza del Cristo che opera anche da lontano in virtù dell’obbedienza della fede.

RENDERE GRAZIE CI FA ACCOGLIERE LA SALVEZZA
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce unendosi a coloro che, beneficati dal Cristo lodano Dio: come il paralitico che coinvolge le folle del cap. 5,25-26; le folle per la risurrezione del figlio della vedova a Naim 7,16; il cieco di Gerico 18,43. Per questa lode perenne al Padre, Gesù è venuto nel mondo e la vuole diffondere: Io ti ho glorificato sulla terra (Gv 17,4). E noi, con il Battesimo, siamo stati coinvolti in questa lode e benedizione, in questo perenne rendimento di grazie.
 
Del guarito è aggiunto a gran voce. Il grido della preghiera: alzarono la voce del v. 13, si trasforma nel grido della lode e del ringraziamento: come tutto l’essere vibrava nella supplica ora vibra nella lode. Questa espressione: a gran voce scandisce momenti salienti della vita del Cristo: lo scontro con i demoni (4,33; 8,28). il suo ingresso in Gerusalemme (19,37), la sua morte in croce (23,46).
 
E si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo. È la perfezione della fede; dal grido alla lode al ringraziamento, solo così la fede diviene salvifica, essa è pure accompagnata dal gesto esterno dell’adorazione, non è infatti più un gesto di supplica come in 5,12b.
 
Era un Samaritano. Solo ora l’Evangelo rivela l’identità di colui che ringrazia, per farci vedere come la salvezza è già uscita dai confini del popolo ebraico e che nelle Genti vi è quella gratitudine che Gesù non trova in Israele.
 
Ma Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci?” Evidente è la risposta: in cammino verso i sacerdoti; Gesù fa questa domanda per rivelare il cuore indurito nell’unica preoccupazione per se stesso: esso è incapace di ringraziare.
 
Non si è trovato chi tornasse indietro a rendere gloria a Dio all’infuori di questo straniero? Rendere gloria a Dio e tornare a ringraziare Gesù è la stessa cosa. Non si è trovato, alla lettera: non sono stati trovati, quindi sono stati perduti. Per cui la domanda: dove sono? è già un giudizio. Gesù riconosce solo chi è stato trovato, in questo caso è il Samaritano. 
 
Questo straniero, non è con disprezzo che Gesù lo chiama così, ma, servendosi di un termine allora in uso e nel Nuovo Testamento registrato solo qui, vuole mettere in rilievo come il Samaritano, estraneo all’elezione e alle promesse di Israele, ha percepito la gratuità del dono ed è tornato per ringraziare.
 
E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!», non solo nel corpo ma in tutto te stesso. Non a tutti coloro che guarisce Egli dice questo ma solo alla peccatrice (7,50); all’emorroissa (8,48); al cieco (12,42). In tutti costoro la fede li porta ad agire al di là della Legge: la peccatrice gli bagna i piedi, l’emorroissa lo tocca, il cieco va da Gesù anche di fronte a quelli che lo sgridano, e grida ancora più forte. L’andare obbedendo a Gesù ha purificato la carne, ma il ritornare lodando Dio, per adorare Gesù, dona la salvezza.

IN ASCOLTO DEI PADRI NELLA FEDE
«Fortunato quel Samaritano, il quale riconobbe di non aver niente che non avesse ricevuto e perciò tornò a ringraziare il Signore. Fortunato colui che a ogni dono, torna a colui nel quale c’è la pienezza di tutte le grazie; poiché quando ci mostriamo grati di quanto abbiamo ricevuto, facciamo spazio in noi stessi a un dono anche maggiore. (17) La sola ingratitudine impedisce la crescita del nostro rapporto di grazia, poiché il datore, stimando perduto ciò che ha ricevuto un ingrato, si guarda poi bene di perdere tanto più, quanto più dà a un ingrato». (San Bernardo di Chiaravalle).

“Fa’, o Signore, che si uniscano tutte le mani per rendere più umana la terra su cui soffiasti la vita in un uomo che tu avevi modellato. Fa’ che noi prendiamo la tua mano nera, Signore, perché la terra porti i frutti della speranza; che noi prendiamo la tua mano gialla, Signore, perché il mondo resti giovane e ciascuno guadagni il suo pane con dignità; che noi prendiamo la tua mano bianca, Signore, perché i boccioli che portano gioia e giustizia fioriscano su tutti i rami; che noi prendiamo la tua mano rossa, all’incrocio dei cammini perché gli esseri umani dell’Africa, dell’Asia, dell’Europa, dell’America, dell’Australia, di tutti i tempi, sotto tutti i cieli coltivino insieme in tutti i continenti dei cammini di sviluppo, dei campi di preghiera, dei giardini di pace”. 
(Nabil Mouannès, prete cattolico libanese)

 




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