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Lectio divina Quinta Domenica di Pasqua – Anno C

Inserita il: 16/05/2019

3 commentario(i) ...

 
  
 
 
 
Gv 13, 31-35:
 
“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli,
se avete amore gli uni per gli altri” 
 
31Quando {Giuda} fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. “33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

CONTESTO E TESTO
La liturgia della V domenica di Pasqua ci ripropone il comandamento dell’Amore, che abbiamo avuto modo di contemplare durante la liturgia della Cena del Signore, il giovedì santo. Le tre letture hanno come punto di convergenza il vissuto della comunità cristiana, nella storia e oltre la storia, basato sul fondamento dell’amore di Cristo. Il termine ricorrente nelle letture è l’aggettivo “nuovo”, che in greco indica una novità che rimane sempre nuova: è la novità di Dio, che ci ha donato il suo Figlio, Gesù.
 
Il testo evangelico è tratto dal capitolo 13 di Giovanni, capitolo in cui inizia quella serie di discorsi di addio, rivolti solo ai discepoli, che caratterizzano gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù. Questa parte del Vangelo, che comprende i capitoli 13-17, viene chiamata anche il «libro della gloria», proprio per la frequenza del termine gloria, che esprime la teologia giovannea della croce, da cui Cristo regna glorioso. È come il vertice della riflessione sul mistero della persona di Gesù. Il contenuto del capitolo 13, espresso in modo sintetico è il cuore della nostra fede. Gesù educa la comunità dei discepoli con l’esempio dell’amore fatto servizio e si effonde in una molteplicità di doni che lascia ai suoi discepoli prima di passare da questo mondo al Padre: il dono del servizio e il dono del comandamento nuovo dell’amore. 

LA NOVITÀ DI DIO
Il Vangelo ci presenta perciò il comandamento “nuovo”, totalmente nuovo perché non si tratta solo di amare, ma di donarsi amore reciprocamente così come ha fatto Gesù per noi. Un amore che giunge sino al dono della vita. E questa è l’assoluta novità cristiana, la novità di Dio.
 
Il messaggio del testo interpreta e riassume il fascino della vita di Gesù e anticipa il senso della sua Pasqua come servizio alla nostra salvezza, nella gratuità dell’amore. Nell’intimità del Cenacolo Gesù annuncia la sua “ora di passare da questo mondo al Padre” (v.1b). C’è in questa espressione una densità teologica ed esistenziale particolarmente significativa anche per noi: Gesù intende il senso della vita intera come un continuo “passaggio” al Padre, e la parola evoca proprio il significato di un esodo, così come viene interpretata la Pasqua al momento della Trasfigurazione (Cf. Lc 9,31). Che significa per noi? Mi pare si possa dire che la nostra vita cristiana in questo mondo è un continuo passaggio al Padre, ogni gesto, ogni parola, ogni sentimento vissuto nella carità diventa un esodo da se stessi per camminare verso il Padre, fonte dell’Amore. In ogni momento della nostra vita abbiamo la possibilità di avvicinarci alla Fonte della vita, perché solo l’Amore rimane, mentre tutto il resto finisce (cf 1Cor 13,8). 

LA GLORIA DEL PADRE RIVELATA NEL FIGLIO GLORIFICATO 
È giunta l’ora di Gesù, l’ora della sua passione e morte. La visione che Gesù ha della sua morte in croce è per noi un mistero che non finiamo mai di contemplare e di accogliere: Gesù, innalzato sulla croce si considera intronizzato dal Padre proprio sulla Croce. La Croce è il trono regale di Gesù, perché rivela il massimo della gloria: infatti manifesta proprio il massimo dell’amore gratuito e fedele di Dio Padre. Gloria, in greco ’doxa’, significa splendore, grandezza, potere, regno, lode, onore, luminosità. La Croce è per Cristo tutto questo, perché è Amore purissimo e totalmente gratuito. La salvezza dell’uomo dal peccato e dalla morte è una promessa che si compie, una speranza che si realizza proprio nel sacrificio pasquale di Gesù, la Croce diventa gloriosa perché l’Amore che rivela vince la morte e questa vittoria si manifesta con la risurrezione. Il Padre glorifica il Figlio con la risurrezione e il dono dello Spirito santo. Ma prima della risurrezione c’è un distacco doloroso da vivere.

ANCORA PER POCO SONO CON VOI
Gesù si distacca dai suoi discepoli per vivere in solitudine la sua missione di salvezza per noi. Conosce il cuore dei suoi discepoli e sa che non lo seguiranno nella passione e nella croce, almeno per ora. Li chiama con tenerezza “figlioletti”, così si può tradurre il termine greco: ’teknìa’, linguaggio affettuoso proprio di un padre che si congeda dai suoi figli e li chiama con una dolcezza infinita. Le sue parole sono di conforto in questo difficile momento, e servono a prepararli alla vita di pura fede, che dovranno affrontare in seguito, anche con le persecuzioni a cui andranno incontro. Ad essi, che dopo la risurrezione cercheranno di seguire il Maestro, per ora non è accessibile né la via della croce né quella della gloria accanto al Padre. Gesù allora li conforta e li prepara con il dono del comandamento dell’amore.

AMATEVI COME IO HO AMATO VOI
Il verbo greco ’donare’ in Giovanni ha proprio il senso forte del dono come parte della propria esperienza di vita. Vi do qualcosa che mi appartiene intimamente, che dice non solo la mia generosità ma anche la mia stessa persona. Vi dono quell’amore di cui io stesso vivo. La novità è Cristo stesso.
 
La novità consiste proprio in quel “come” io stesso amo voi e amo tutti. Amate così, come me. È nuovo perché la novità è Lui, Gesù, il Figlio che ci ha rivelato il Padre, che ha incarnato il suo Amore fedele e misericordioso. È un fondamento totalmente nuovo, un punto di riferimento che distingue l’amore cristiano da ogni altro modo di amare, da ogni filantropia, da ogni modalità che ha come punto di partenza un’iniziativa semplicemente umana. “E’ l’Amore divino, incarnato in Cristo, la legge fondamentale e universale del creato” ha detto Benedetto XVI  . E ancora nelle udienze generali precedenti dice: “L’amore per i poveri è liturgia, la forza della carità è irresistibile: è l’amore che veramente manda avanti il mondo”, l’amore agapico, cioè gratuito e incondizionato, fedele e paziente, di cui parla l’apostolo Paolo nell’Inno alla carità, della prima lettera ai Corinti, al capitolo 13.
 
Stiamo vedendo e gustando con grande gioia come anche Papa Francesco trasmette nei suoi gesti e nelle sue parole la concretezza del comandamento nuovo. È la carità che guadagna i cuori e li apre alla verità. Essa è la più luminosa testimonianza della verità del Vangelo. Da questo tutti vi riconosceranno come miei discepoli.
 
L’amore che Gesù lascia alla sua comunità è l’amore stesso che il Padre nutre per Lui, per cui il suo comandamento è un dono, una grazia, non un comando inteso come costrizione. I discepoli per essere veri testimoni di Gesù sono chiamati a prolungare la rivelazione dell’amore del Padre nel mondo, solo così saranno attraenti e conquisteranno i cuori a Cristo. Tertulliano, un teologo del II secolo, afferma: “E’ stata soprattutto la pratica dell’amore ad imprimere in noi quasi un marchio di fuoco agli occhi dei pagani: «vedete come si amano», dicono (mentre essi si odiano tra loro), e «come sono pronti a dare la vita l’uno per l’altro» (mentre essi preferiscono uccidersi tra loro)” . Il comandamento nuovo della carità non è solo il distintivo di appartenenza a Cristo, è anzitutto il volto del Signore risorto e vivo nella sua Chiesa. 
 
Al versetto 34 Gesù dice: “vi do un comandamento nuovo” Ecco il lascito, egli consegna a noi quello che è suo, per questo è nuovo. È nuovo non perché nella sua formulazione letterale sia originale. Precetti analoghi a questo stavano già nella rivelazione antica, in diversi momenti della storia della salvezza, nell’insegnamento diffuso in ambiente rabbinico. La novità non sta nel fatto che, “che vi amiate gli uni gli altri”. Ma per il fatto che Lui ci ha amato e noi possiamo amarci come Lui. E al cap 13, v 1, leggiamo: “dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine”. Che è come dire: “come ho amato io, come sono morto io”. È una storia d’amore che si è realizzata in modo tale da attraversare tutto lo spessore della condizione umana. Ed è esattamente quella storia d’amore su cui il Padre posa il suo sguardo. Qui siamo condotti all’essenziale della nostra vocazione cristiana: la morte per amore, che ci apre la strada del ritorno alla casa del Padre.
 

 




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Maria Hetzler

19/05/2019 | 23:52

Lindo! Me vino a buen tiempo: Gracias!

albina

18/05/2019 | 16:14

Grazie profondo meraviglioso.

Nora Elena Herrera Castrillon

17/05/2019 | 20:31

Tante grazie, cosi possiamo pregare la Lectio in comunione.

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