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Lectio divina della XVII Domenica del Tempo ordinario - Anno C

Inserita il: 26/07/2019

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Lc 11, 1-13 
«Signore, insegnaci a pregare»

1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; 3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, 4e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione». 5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. 9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». 

CONTESTO E TESTO
Le letture di questa domenica ci invitano a riflettere sull’importanza della preghiera per la nostra relazione con il Padre celeste. Quando si è amati e si risponde all’amore ricevuto si apre un dialogo profondo, che spesso non ha bisogno di molte parole, un ascolto che riceve quello che abita nel cuore dell’altro. Allora pregare significa custodire la relazione d’amore, farla crescere giorno per giorno, scoprire sempre di più l’amore con cui siamo amati. C’è nella nostra relazione con Dio un dialogo che si esprime anche con la gratuità della lode e della benedizione. “Dio non ha bisogno della nostra lode, ma per un dono del Suo Amore ci chiama a rendergli grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la sua grandezza, ma ci ottengono la grazia che ci salva” (Prefazio IV comune).
 
La prima lettura, tratta da Genesi 18, ci presenta la preghiera di intercessione di Abramo per Sodoma a Gomorra, che per i loro peccati sono destinati alla distruzione. Dio ascolta la preghiera del suo amico Abramo, che prova a trovare in quelle città qualche giusto, che possa meritare la salvezza. Purtroppo non ne trova, ma noi sappiamo che verrà il solo Giusto, uno solo, il Figlio di Dio fatto uomo, che, con la sua offerta al Padre, salverà tutti dalla perdizione.
 
Il salmo 137 è un inno di ringraziamento che fa memoria degli interventi salvifici di Dio nella storia umana e in particolare nella storia di Israele. L’orante può ripetere con gioia: “Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto”, come ripeteremo nel ritornello. La seconda lettura, tratta dalla lettera di Paolo ai Colossesi, ci ricorda che siamo stati resi partecipi della Pasqua di Cristo Gesù, mediante il Battesimo, con la fede nella potenza di Dio. Con Cristo siamo risuscitati a vita nuova e con Lui possiamo pregare: “Abbà! Padre!”.
 
Il Vangelo contiene l’esempio di Gesù che prega il Padre e suscita nei discepoli il desiderio di imparare a pregare allo stesso modo. Così Gesù ci ha insegnato la preghiera per eccellenza, il Padre nostro, che Tertulliano definisce come “il compendio di tutto il Vangelo”. 

INSEGNACI A PREGARE 
La domanda ha come scopo quello di entrare in un rapporto nuovo con il Maestro. Insegnando a pregare, Gesù immette i suoi discepoli nello stesso suo rapporto con il Padre. Il discepolo ha visto e ha ascoltato Gesù pregare e ha notato come la preghiera di Gesù sia diversa da quella di Giovanni e chiede a Gesù di pregare come Lui. Pertanto si può pregare il Padre nostro solo in Gesù e nel suo Spirito ed è la preghiera che definisce il cristianesimo: qui c’è tutta l’antica e la nuova Alleanza, nella testimonianza e nell’insegnamento di Gesù, donate ai suoi discepoli.

LA PRIMA DOMANDA RIGUARDA LA SANTIFICAZIONE DEL NOME
Padre. La formula breve: Padre può esprimere la traduzione del più familiare: Abbà (cfr Gal 4,6; Rm 8,15), usato da Gesù (Mc 14,35). Egli partecipa ai suoi discepoli la sua stessa familiarità con Dio. Sia santificato il tuo Nome. Il Nome di Dio è Padre! Dio stesso si rivela nella storia con il suo Nome, quello che rivela in Gesù: Padre. La rivelazione è qui chiamata santificazione perché, nel portare a compimento il suo disegno, si farà conoscere quale veramente è: il Padre santo. La santità ci mette in rapporto con la sua trascendenza (cfr Is 6,3), la paternità ci relaziona con il suo amore per noi e la cura soprattutto dei più piccoli. Il luogo dove egli manifesta la sua santità sono i suoi figli. La santificazione del Nome diventa la norma suprema dell’agire e la forza della testimonianza dei discepoli di Gesù, che sono figli, figli amati come Gesù è amato.

Venga il tuo Regno (17,20-21; 22,14-18). La santità di Dio Padre si manifesta anzitutto là dove gli uomini, suoi figli, mettono la propria vita a totale disposizione della Sua volontà. L’annuncio del Regno di Dio costituisce il centro della predicazione e dell’esistenza di Gesù. Questa preghiera affretta il ritorno del Signore e quindi il compimento dalla Pasqua (22,16: finché non sia compiuta nel Regno di Dio) che è la venuta del Regno (22,18: «Non berrò più del frutto della vite finché non venga il Regno di Dio»). Il futuro è già efficacemente presente, come segno, nell’attività di Gesù. I discepoli pregano per l’arrivo di un evento che già li coinvolge; se ne aspetta la piena, decisiva e definitiva manifestazione. 

DACCI OGNI GIORNO IL PANE E PERDONA A NOI
Al Signore, che provvede ai piccoli del corvo che gridano a Lui (cfr. Sal 147,9), si chiede, come a Padre buono, il pane quotidiano. Di questa mansione divina sono incaricati nella chiesa delle origini i sette diaconi (cfr. At 6,1ss). Pane quotidiano, questo termine traduce una parola di difficile interpretazione. Alcuni Padri propongono sovrasostanziale, cioè necessario e quindi con un chiaro riferimento alla Parola e all’Eucarestia. 
 
I nostri peccati, a differenza di Matteo che usa il termine debiti., Luca dice chiaramente che si tratta dei debiti nei confronti del Padre Celeste. Questa specificazione, che dà all’invocazione un carattere più spirituale e meno giuridico sottolinea l’universalità del peccato sviluppata da Paolo nella lettera ai Romani (cc. 1-3). Matteo usa debiti per combattere l’ideologia dei farisei, che pensano ci possano essere dei giusti. Del resto questo è sottolineato anche da Luca nella seconda parte della preghiera là dove usa la parola: debitore. Questa richiesta esprime la certezza di essere stati perdonati. Scaturisce quindi per l’uomo perdonato la possibilità e l’esigenza di perdonare sempre, di adottare verso i fratelli il comportamento che Dio Padre ha avuto verso di lui: soltanto allora il perdono divino, già ottenuto, sarà definitivo.

Tentazione. È la grande tribolazione degli ultimi tempi (cfr. Ap 7,14) per vincere la quale il Signore comanda di pregare (22,40-46). La preghiera consiste nel non venire meno nel momento della prova, ma di perseverare sino alla fine, guidati dall’amore del Padre.

PERSEVERANTI NELLA PREGHIERA
Alla preghiera del Padre nostro segue una parabola indirizzata proprio ai discepoli, sulla necessità di perseverare nella preghiera: È la parabola dei tre pani (5-8) o dei tre amici. Dopo averci trasmesso il contenuto della preghiera il Signore Gesù ci trasmette il modo di essa e i suoi tempi. Questa parabola appartiene alla categoria delle parabole ovvie che hanno come scopo quello di convincere; quelle paradossali invece hanno lo scopo di dare una rivelazione. 
 
L’amico, essendo colui che usa la massima libertà, è impudente e viene nell’ora più impensata, la mezzanotte. Egli è sollecitato da un altro amico giunto all’improvviso. E poiché si trova in questa necessità non esita ad andare dall’amico a chiedergli quei tre pani che sono la misura del pasto di una persona. La formula che introduce la parabola: Se qualcuno di voi ha un amico si può intendere come: potreste immaginare che qualcuno tra voi ... cui viene spontaneo rispondere: impossibile per un amico! Nessuno farebbe così! 
 
La parabola andrebbe letta quindi così: Potreste immaginare che se qualcuno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti - quell’uno - di voi dall’interno gli risponda: non mi importunare? Potreste immaginare una cosa simile? Risposta: Impossibile, non lascerà nei guai l’amico che lo prega! In tal modo la parabola corrisponde all’uso dell’ospitalità orientale e così soltanto essa riceve tutta la sua forza. 
 
Il v. 7 mette in risalto le grandi difficoltà che l’amico importunato deve superare e che anche l’altro ben conosce. La porta è già chiusa. Questa insistenza, che caratterizza il testo e che nasce dalla necessità urgente e imprevista (l’amico giunto da un viaggio), segna il passaggio al commento della parabola (9-13) in cui è ripreso il termine bussare. Chiedere, cercare, bussare indicano un’insistenza con Dio sicuri di essere esauditi come conferma il v. 10. Il v. 8 sottolinea come l’amico importunato esaudisca l’amico non solo per amicizia ma anche per la sua insistenza. Ciò di cui ha bisogno: allarga l’orizzonte della parabola alle domande concrete della vita cristiana.

Il Signore chiude con una sentenza, che dapprima è rivolta ai discepoli e poi ad ogni uomo indistintamente. Chiunque si rivolge a Dio e chiede, ottiene e a lui si aprono le porte della misericordia (9-10). «Chiunque chiede riceve. Questa breve sentenza a mo’ di proverbio ha manifestamente origine dall’esperienza del mendicante: nel mendicare occorre soltanto essere tenaci, non ci si deve lasciare o respingere da parole dure, e allora si riceve qualcosa ... Gesù applica la saggezza del mendicante ai discepoli: la nostra perseveranza nella preghiera apre le mani del nostro Padre celeste! 
 
In questa prospettiva anche il rapporto più forte, quello di padre e figlio, serve come riferimento evidente e certo per capire la bontà del Padre celeste che non solo dà i doni buoni come ogni padre, ma dà il dono dello Spirito Santo al quale sono contrapposti serpe e scorpione, segno della potenza del nemico (10,19). 

 




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